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Comunicare il terrore

15 anni di paura mediatica

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La globalizzazione del terrore ha una data di inizio che tutti conoscono, l'undici settembre del 2001. Le certezze di un mondo occidentale al sicuro crollano con le torri gemelle di New York. Gli attentati successivi a Madrid, Londra Parigi e Bruxelles hanno solo un minimo comune denominatore, le morti di innocenti causate dal terrorismo. Comunicare il terrore oggi è più facile di quanto fosse in passato, da un semplice telefono è possibile testimoniare quello che le migliaia di occhi tecnologici non sempre riescono, ogni attimo di vita quotidiana anche insignificante. George Orwell lo aveva predetto, a spaventare però è la mancanza di un nemico da cui fuggire, un posto sicuro verso cui andare.

Di New York ricordiamo le torri fumanti, di Madrid una stazione devastata, di Londra una metropolitana dilaniata, di Parigi un teatro pieno di sangue, di Bruxelles un aeroporto ridotto in briciole. Luoghi pubblici che ormai frequentiamo con estrema preoccupazione. 15 anni di paura mediatica. I notiziari diventano sempre straordinari, le notizie circolano in pochi secondi, e il rischio di disinformare è alto. Internet poi mischia le fonti in un terrificante frullato di opinioni e controinformazioni, dichiarazioni ufficiali e commenti a caldo spesso intrisi di odio e poca riflessione. Oltre Oceano a Nord e sud parliamo di terrore e guerre, di cui inconsapevolmente siamo di fatto i protagonisti.

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