Scrittore, intellettuale, semiologo, critico, difficile etichettare Umberto Eco. A noi piace definirlo un vero pensatore, in periodi nei quali le produzioni editoriali sono spesso prive di senso e si moltiplicano senza dovute argomentazioni di fondo, per pura grafomania. Per chi è cresciuto a pane e comunicazione però restano ancora validi i suoi insegnamenti. Fondatore di una linea di studi, quella della semiotica (o semiologia per dirla alla francese, lingua da lui amata,) Eco ci piace perchè da ogni frase è possibile ricavare lezioni importanti, come il whisky si gusta a piccoli sorsi perchè ha un sapore intenso, da capire e apprezzare. Sfogliamo a caso, consapevolmente, alcuni libri, partiamo dalla Struttura dell'assente, le cui pagine ingiallite richiamano al 1968, anno di pubblicazione e di rivoluzioni culturali. "La ricerca semiologica vede tutti i fenomeni di cultura come fatti di comunicazione, per cui i singoli messaggi si organizzano e diventano comprensibili in riferimento ai codici". Già il codice, un sistema di simboli di cui oggi parlano solo i linguisti.
Chi non ha mai letto una bustina di Minerva, la bustina dei fiammiferi resa celebre per quella pagina finale sull'Espresso , una fotografia settimanale da ammirare, uno scambio di battute con il linguista de Mauro ma anche un esilarante commento sull'ultimo spettacolo trash della tv, su domande esistenziali del tipo "è importante fotografare le persone celebri" o su quanti alberi i suoi libri riescano ad abbattere in un anno. Eco ci ricorda che tradurre è dire quasi la stessa cosa, perchè ogni traduzione è pur sempre una rielaborazione, un adattamento tra lingue e culture diverse.Testo e contesto non vivono slegati. Eco non muore mai.