Trent’anni fa.
Esattamente trent’anni fa i francesi festeggiavano l’ultima vittoria di un loro connazionale al Tour de France. E non parliamo, naturalmente, di una vittoria di tappa, parliamo della conquista del simbolo tessile e cromatico che vuol dire vetta della classifica generale. Après Hinault le déluge.
Fiumi di champagne desiderati e mai gustati, botti abortiti all’ultimo minuto, perlage svanito, troppo presto, come frizzante illusione di un frizzante orizzonte. Per decenni il ciclismo francese, nell’attesa di un nuovo grande campione, di una nuova grande stagione, ha umettato poco l’ugola al traguardo: e quel poco alcol perlato che gli è capitato in sorte lo ha trangugiato con modestia, quasi fosse un vino da tavola. Può sembrare quasi un’ironia del destino, dunque, che sia un Pinot l’ultimo portabandiera dell’orgoglio transalpino in questa Grande Boucle al penultimo atto (ma per molti aspetti ultimo).
Un Pinot, certo: egregio vino per i momenti conviviali, ma non per le grandissime cerimonie. Un Pinot assurto a protagonista del momento-champagne: è questo quello che ha detto la frazione partita da Modane e conclusasi all’Alpe d’Huez, dopo 110 km di cammino.
Ma ha detto anche che Froome porterà con sé a Parigi, sugli Champs-Ėlysées, quel raggio di sole che, come un novello Apollo, aveva catturato e impresso sulla sua maglia dalla settima tappa. E ha detto che Quintana, col coltello tra i denti e la forza del puma, dovrà ritentare fra un anno la grande scalata all’olimpo giallo. C’era andato così vicino, e ora dovrà ripartire da così lontano: da un altro anno di tirocinio tra feroci felini e insidiose anaconde nella foresta amazzonica.
E ha detto che Nibali poteva evitare di girare pubblicità trionfalistiche alla vigilia del Tour: quello spot promozionale che si conclude con quella sua frase, “Ce la fate a seguirmi?”, oggi induce al sorriso. In vista del traguardo finale di questo Tour, suona quasi come un presagio di quella che sarebbe stata una performance per larghi tratti indecifrabile, difficile, appunto, da comprendere, e da seguire.
Riviviamo la tappa. Si inizia con la fuga di quattro corridori, Bak (Lotto Soudal), Geniez (Fdj), Edet (Cofidis) e Navardauskas (Cannondale-Garmin). A dieci chilometri dalla vetta del Croix de Fer scatta Geniez in testa a tutti. Transita per primo sul Croix de Fer, e poi anche al traguardo volante di Bourg d'Oisans. Dall’orda d’oro, intanto, scatto triplo Movistar: si muovono Anacona, che prende il largo, e nello stesso tempo Valverde e Quintana: questi ultimi due, però, vengono recuperati quasi subito da Froome e Nibali, mentre Contador resta attardato.
In prossimità della salita dell’Alpe d’Huez, Geniez è sempre in testa. La sfortuna, invece, si abbatte sul povero Nibali, che fora, e conseguentemente, “sfora” rispetto al ritmo precedentemente tenuto: riparte immediatamente, ma non riesce più a recuperare completamente il suo ritardo dal gruppo dei migliori. I tornanti esaltano Quintana: accompagnato ancora dal suo scudiero, il fido Valverde, sfugge alla guardia degli uomini di Froome, che avevano neutralizzato i precedenti affondi, e si invola alla caccia dei battistrada. Poi anche Valverde scompare, e Quintana, come un perfido Saturno, si divora anche l’altro "figlio" , Anacona.
In testa alla corsa, in quel momento, è in atto una mini-rivoluzione: due degli inseguitori, infatti, più precisamente Ryder Hesjedal (Garmin) e Thibaut Pinot (FDJ), hanno ripreso Geniez e si sono sostituiti a lui. Il binomio però dura poco: Pinot saluta Hesjedal e si pone da solo in testa. Non la perderà più.
Quintana continua a marciare come un treno, ma il suo obiettivo non è prendersi il traguardo, bensì mettere un abisso di chilometri tra lui e un arrancante Froome. Gli basterebbero due minuti: riesce, in realtà, a guadagnare solo 1’20’’ sull’inglese Sky. E a consolidare il suo secondo posto. Quello, di sicuro, a Parigi non glielo toglie nessuno. Ah, se quel coltello avesse cominciato ad affilarlo soltanto una settimana fa!
Al successore di Nibali nell’albo d’oro del Tour, invece, si attaglia benissimo uno slogan: Fro(o)m(e) anxiety to crown. Dal patema al diadema.