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Tour de France, Geschke s'impone dopo il riposo

Classifica generale immutata, ma quanta sfortuna

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Al Tour inizia il capitolo-Alpi, con la  tappa n. 17.

Sfortuna incombente? In effetti, manco a farlo apposta, alcuni ciclisti di primo piano sono stati protagonisti di spiacevoli incidenti, durante la corsa partita da Digne Les Bains e arrivata a Pra Lup, dopo 161 km di cammino. D’altro canto il fattore 17 non ha minimamente scalfito l’egemonia di Froome, sempre in testa alla classifica generale in virtù di  equilibri pressooché invariati, e ha esaltato Nibali

Il campione messinese dell’Astana è ora il settimo uomo alle spalle del britannico della Sky: tra lui e la maglia gialla ci sono Quintana e Valverde della Movistar, come a dire il suo cavaliere e il suo scudiero, Thomas della Sky, Contador della Tinkoff e Gesink della Lotto-NL. Ma l’aspetto più interessante (ed esaltante) è che Nibali stasera ha guadagnato un paio di minuti sul Pistolero, e in questa fase conclusiva della Grande Boucle un rendimento sui livelli di quello di oggi e una vittoria di tappa in alta quota potrebbero improvvisamente rilanciarlo anche nell’alta quota della classifica.

Se ci si chiede, poi, perché Nibali sia riuscito a sgranocchiare tempo a Contador, è inevitabile tornare al fattore 17: lo spagnolo, infatti, subisce una brutta caduta nella fase finale della corsa, a causa della catena della sua bici che, misteriosamente, maledettamente, si aggroviglia. I  fidi scudieri, il “sagace” Sagan e Rogers, gli danno prontamente una mano, ma il campione  di Madrid, sfortunatamente, non si riprenderà più: e finirà la gara con 9’29’’ di ritardo dal vincitore, Simon Geschke della Giant, e perdendo non solo, come già ricordato,  2'10" da Nibali, ma anche e soprattutto 20’’ in più dal leader di giallo vestiito.

L’alfiere dello shampoo tedesco alla caffeina, dal canto suo, aveva sfiorato di pochissimo l’impatto devastante con la propria ammiraglia, proprio poco prima della salita su cui poi ha impostato lo scatto definitivo, anche se, va detto, aveva già scollinato per primo al col d’Allos ed in effetti in quel momento si trovava in testa da poco meno di dieci chilometri, dopo aver fatto parte di un maxigruppo di 28 fuggitivi. In un certo senso la sua è stata, se si vuole in linea con l’atmosfera della giornata, la vittoria del miracolato, a spese di Talansky (Garmin) e Uran (Etixx), che al fotofinish avevano recuperato su di lui. Di certo gli è andata meglio non solo di Contador, ma anche di Thibaut Pinot (FDJ), scivolato mentre scendeva in curva e per poco, davvero per poco, non risucchiato sotto il guard rail.

Per non parlare di Van Garderen, già meraviglioso secondo e poi terzo della classifica generale per la Bmc: niente infortuni o incidenti nel suo caso, ma un problema a monte, un’improvvisa e antipatica influenza estiva, evidente premessa per una di quelle giornate che partono col pedale sbagliato. E che finiscono, mestamente, col ritiro. L'asso statunitense, infatti, nel giro di pochi chilometri passa dall'uno  ai quattro minuti di svantaggio dal gruppo maglia gialla; niente di insormontabile, per carità, ma lo spirito, in questo caso, non può sopperire al fisico. Non ce la fa, e questo diventa sempre più visibile di chilometro in chilometro, eppure la sua fibra interiore gli impone di andare avanti, sempre vanti; finché, a settanta chilometri dal traguardo, stanco, triste, stravolto e febbricitante, scende dalla bici e saluta il Tour.

Che pomeriggio, quello della tappa n. 17, molto peggio di quello della frazione di venerdì 17: mancava solo che, nelle varie fasi di scrematura del gruppo dei fuggiaschi, rimanessero al comando proprio in diciassette, e probabilmente si sarebbe dovuto arricchire il repertorio dei modi di dire. Mai tredici a tavola e mai diciassette in corsa: con tutto questo, però, va comunque notato che il plotone di avanguardia non si è mai assottigliato in una misura tale da non poter più comprendere, per l'appunto, un numero pari a quello che si può definire la chiane defiinire la chiave della giornata. Era destino.  

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