Ė Contador? No. Ė Nibali? No.
Ma se li sta bevendo entrambi. Parliamo di Chris Froome, l’inglese della Sky che potrebbe essere il Contador, o il Nibali, di questo Tour de France.
Non che fosse proprio un perfetto sconosciuto, il nostro Froome, prima di questa Grand Boucle, tutt’altro: medaglia di bronzo nella cronometro olimpica di Londra, ha vissuto un vero anno d’oro nel 2013, quando ha vinto su tre fronti diversi, e che fronti: giro del Delfinato, giro di Romandia e Tour de France, proprio lei, la corsa gialla. Poi, il 2014, un anno di smarrimento: la performance opaca sulle strade del Delfinato, il ritiro forzato dal Tour dopo una serie di cadute, il secondo posto-beffa alla Vuelta.
Froome guardava a questo 2015 come ad un anno di ricostruzione: ma in realtà ha rinunciato a tutti gli impegni più corposi, in vista (e in nome) del suo obiettivo preferito, e cioè, è anche superfluo precisarlo, la grande corsa transalpina di luglio. Favorito sì, Froome, però in seconda fascia, dietro allo squalo italiano e al pistolero spagnolo: tuttavia il leone inglese ha ritrovato il suo vecchio cuore kenyota, e sulle strade del Tour, diventate una savana, sta annientando i suoi competitori, come fossero povere gazzelle predestinate a diventare il suo boccone.
Tarbes-La Pierre Saint Martin, centosessantasette km: ne mancano solo sei alla fine. Siamo in prossimità della vetta decisiva, Col de Soudet: Chris Froome si alza sui pedali, supera agevolmente gli ostacoli Van Garderen (Bmc) e Quintana (Movistar) e, da maglia gialla incontrastata, diventa maglia gialla incontrastabile. Van Garderen e Quintana: anch’essi accreditati come protagonisti alla vigilia, ma in seconda fascia, proprio come il leone Sky.
E Contador e Nibali, dov’erano? Quelli che avrebbero dovuto mangiarselo, il Tour, erano dietro ad arrancare: l’italiano, addirittura, alla fine arriverà con 4'26" di ritardo da Froome, e ha anche la faccia tosta di crederci ancora (non si sa mai, comunque: le grandi salite non sono certo terminate); ma neppure l’iberico terribile può stare granché allegro: i suoi due bei 2’51’’ da Froome, infatti, se li è rimediati.
Chi segue il ciclismo sa che non è la pista pianeggiante, non sono i rettilinei a dire la verità: solo le montagne in definitiva hanno il potere, e la forza, di decretare, di giudicare, di condannare, di incoronare. Così è stato e così sarà sempre, e chi supera la prova delle grandi vette, alla fine è colui che ha sempre ragione. Detto questo, è bene ribadirlo, da qui alla fine del Tour ci saranno altri test in alta vetta, quindi, volendo, c’è tutto il margine per recuperare il recuperabile, ma la disfatta odierna di Nibali & Contador è apparsa prima di tutto una disfatta delle energie mentali. Una cosa su cui riflettere. Intanto Chris Froome presunto “scomparso” va alla cassa con un assolo che, certamente, non dimenticherà.
E non è stato l’unico assolo della giornata: per la prima volta dall’inizio di questo Tour la fuga è stata tentata in solitudine. L’ardimentoso risponde al nome di Perrick Fedrigo (Bretagne), per più di cinquanta chilometri in testa. Dopo il km cinquantasette, la fuga diventa bicipite: a Fedrigo, infatti, si affianca Van Bilsen (Cofidis). In meno di dieci chilometri i due riescono ad accumulare un vantaggio di ben undici minuti sugli inseguitori; e insieme riescono a tenere, caparbiamente, il comando della corsa fino a dodici chimoleetri dall’arrivo. Poi, riagguantato l’uomo Cofidis da un gruppetto agguerrito formato da Cavendish (Etixx), Greipel ( LottoSoudal), Sagan (Tinkoff), Hesjedal (Garmin, grande ritorno il suo), Kwiatkowski (Etixx), Boasson Hagen (MTN) e Rui Costa (Lampre-Merida), torna in testa il solo Fedrigo. e ci resta fin quando alla fine mancano undici chilometri.
La sua avventura finisce nel momento in cui viene raggiunto da Robert Gesink della Lotto NL: sarà lui la nuova lepre per i chilometri conclusivi, per un breve tratto anche in coppia con Rafael Valls della Lampre Merida. Il primo a dargli l’assalto è Valverde (Movistar), seguito da Thomas (Sky) e poi i big, compresa la maglia gialla. Lo scatto decisivo alla fine è il suo, mentre nel gruppo il guizzo a sorpresa da vice-campione di tappa è quello di un altro grande ritorno, Richie Porte (Sky): dov'era andato a finire? Così va nel ciclismo: quando quelli che ti aspetti scompaiono, quelli che non ti aspetti tornano protagonisti.