Nella domenica in cui i cattolici festeggiano la Santissima Trinità nulla è cambiato – né, d’altronde, avrebbe potuto cambiare – in quella che è l’altrettanto intangibile trinità al comando della classifica generale del Giro d'Italia, giunto all’ultimo atto.
Come ci si attendeva, sul podio meneghino di corso Sempione sono saliti, in ordine di graduatoria, Alberto Contador della Tinkoff-Saxo, che mette in bacheca il secondo ItalGiro della sua carriera e deve ora decidere se potrebbe essere l’ultimo, Fabio Aru della Astana e Mikel Landa, sempre della Astana, gregario del precedente. C’è stato un momento della corsa in cui sembrava che Landa e Aru dovessero scambiarsi i ruoli, ma poi ci hanno pensato le vittorie del sardo sul traguardo di Cervinia e del Sestrière a rimettere a posto le cose.
Invece, sul traguardo di Milano, a trionfare su tutti è stato un belga: non Philippe Gilbert, ma una faccia nuova (almeno per la storia di questo Giro appena andato in archivio), Iljo Keisse della Etixx. L’ultimo vincitore della corsa rosa edizione 2015 è dunque un uomo di Rigoberto Uran, implacabile specialista delle corse su pista che però al Giro d’Italia, almeno fino ad ora, non aveva mai dato alcuna prova della sua esistenza. Infatti, finito centocinquantanovesimo nel 2013 e poi centotrentanovesimo nel 2014, e tenendosi sostanzialmente lontano dai traguardi, Keisse, che in carriera ha vinto un’infinita di corse a punti su pista, rimaneva ancora un carneade per il nostro palcoscenico delle due ruote. Ma, si può facilmente concludere, a Milano anche lui finalmente ha trovato la sua meritata Expo.
Keisse è andato a vincere la tappa dopo essersi reso protagonista della “fughetta” di giornata, insieme all’australiano Luke Durbridge dell’Orica-GreenEDGE. La loro iniziativa era cominciata a venti chilometri dalla fine e dopo venti chilometri dall’ingresso nel circuito finale di Milano, poco prima dell’ultimo sprint intermedio, vinto proprio da Keisse che ha bruciato Durbridge. Il binomio è riuscito ad arrivare fino in fondo, reggendo anche ai ritorni dei velocisti veri e propri: alla fine, il verdetto è stato lo stesso del traguardo volante, con Keisse primo e Durbridge secondo.
Così la Orica GreenEDGE, che aveva dominato il Giro al nascere, lascia il suo segno anche al tramonto di esso. Al terzo posto il tedesco Kluge della Iam. La maglia rossa Giacomo Nizzolo arriva quinto, ma ci sono altri tre italiani tra i primi dieci: parliamo più precisamente di Elia Viviani della Sky, di Davide Appollonio della Androni ed Elia Favilli della Southeast. Avrebbe meritato maggior fortuna Alessandro Petacchi, lui sì, davvero al suo ultimo Giro: il leone di La Spezia, erede di Mario Cipollini, da cui lo separano solo dieci successi in carriera (189-179), lascia a quarantun anni e dopo neppure un anno di militanza nella Southeast.