Un giorno fa. Soltanto un giorno fa, aveva dichiarato al “Corriere dello sport” che lui, alla salvezza del Cagliari, ci credeva ancora.
“Abbiamo ancora sette gare: non le vinceremo tutte ma almeno dovremo provarci”: poi, nel corso di un infuocato pomeriggio di lunedì, qualcosa dev’essersi rotto e così Zdeněk Zeman, 67 anni, ha lasciato la panchina sarda. Per la seconda volta nel corso di questo campionato. Preluderà, la fine dello Zeman II, ad uno Zola II? Improbabile. Ma a questo punto del campionato appariva ugualmente improbabile che Zeman mollasse.
L’ex tecnico di Foggia, Lazio e Roma, infatti, avrà tutti i difetti di questo mondo. Avrà la sindrome del genio visionario ultra-offensivista e incompreso, che lotta da sempre, con le stesse armi, contro i mostri del calcio pragmatico e dopato. Ma non è uno che abbandona facilmente. Anzi è uno che ci crede fino in fondo, senza mai guardare ai propri errori. Il fatto è che stavolta non è stato esonerato, come la volta precedente, a dicembre. Se n’è andato lui.
Dimissioni irrevocabili, motivate, così dicono fonti della società presieduta da Tommaso Giulini, da una rottura insanabile con la squadra. Il boemo non era più padrone dello spogliatoio, aveva perso il gruppo, forse. La restaurazione di Zemanlandia è stata un salto nel buio all’indietro, l’illusione di poter recuperare da dove si era partiti una stagione ormai in perdita. Ma probabilmente Zeman lascia anche per svelenire l’ambiente: ormai intorno alla squadra si era creato un clima irrespirabile. Tifosi sul piede di guerra: la loro esasperazione è culminata nel raid che ha devastato, domenica scorsa, il ritiro del Cagliari ad Assemini.
“Sputate il sangue per la maglia, mercenari”. Di fronte alla loro rabbia, una società assente, forse ormai rassegnata a pilotare l’inevitabile retrocessione e a dare il benservito a Zeman, con eleganza, a verdetto ormai emesso. Il tecnico ha capito che all’ombra dei nuraghi non c’erano le condizioni per poter ripetere quella lezione di dignità infinita offerta dal Parma, e ha preferito cadere in piedi. Dopotutto, il miracolo zemaniano fiorisce dove la materia prima è la pazienza. Questo non significa che, nel corso della sua carriera, non abbia saputo, e con buoni risultati, confrontarsi anche con piazze calde, ma non sempre gli è andata bene.