“Giocavamo su un campo storicamente difficile”: così ha detto Conte al termine di Bulgaria-Italia.
E per uscirne indenni bisogna dare atto all’ex tecnico della Juve che è riuscito a pescare l’asso nella manica più adeguato: è stato infatti Éder Martins, il brasiliano della Sampdoria con passaporto italiano, a togliergli le castagne dal fuoco e a trasformare in un risultato deludente quella che poteva essere una disfatta cocente. In fondo, per come si sono messe le cose nel suo girone di qualificazione ad Euro 2016 (gruppo H), ciò che conta per l'Italia è non perdere troppo terreno rispetto alla Croazia capolista.
E pensare che per gli azzurri le cose si erano messe nel modo migliore: dopo soli diciannove secondi dal fischio d’inizio Immobile sfiora il vantaggio, al 4’ Minev raccoglie malauguratamente un cross di Bertolacci (sostituto di Marchisio) e fa autorete, dopo poco Candreva potrebbe già chiudere definitivamente il conto, su punizione. Ma non è da un avvio fulminante che si vede una squadra dominatrice: l’Italia di Conte è ancora un collettivo poco più che sperimentale, per giunta arrivato all’appuntamento nella Moesia Inferior con alcuni importanti rimaneggiamenti (oltre a Marchisio, mancava anche Buffon, rimpiazzato da Sirigu).
Ad un avvio fulminante la squadra di Petev, un’armata di perfetti sconosciuti a parte Bojinov (alla Ternana in serie B), ha saputo contrapporre una reazione fulminante: all’11’ Popov pareggiava e, sei minuti dopo (17’), Micanski addirittura ribaltava il punteggio. 2-1, improvvisamente: più demerito della difesa italiana che merito del potenziale offensivo bulgaro, ad onor del vero. Ma tant’è: Italia che corre e si danna l’anima non ce n’è, perché dovrebbero farlo i padroni di casa, a cui non resta che proteggere il vantaggio magari non disdegnando di seminare un po’ di panico, di quando in quando, con qualche accelerazione occasionale?
Che i ritmi della partita siano tutt’altro che forsennati lo dimostra il fatto che il primo cartellino giallo si registra intorno al 55’, ai danni di Djakov. A quel punto, perdurando il vantaggio bulgaro, e questo nonostante i bianco-rosso-verdi si fossero resi pericolosi solo all’inizio della ripresa, su punizione, Conte decide di cambiare qualcosa in attacco: mantiene Immobile, che non è fortunato ma almeno si rende ficcante, e toglie uno spento Zaza. È il 58’, il momento di der. Al 77’ Antonelli farà posto a Gabbiadini. Nella Bulgaria, frattanto, l’autore del raddoppio, Micanski, era stato rilevato dal suddetto Bojinov.
Detto con franchezza, in generale al calcio italiano di oggi quello che manca non è certo la potenza, né la dinamicità e la classe tecnica, né, tutto sommato, la tenuta difensiva: ciò che scarseggia è la fantasia, e quando Pirlo si ritirerà, sarà difficile scorgerne un erede (Verratti e Montolivo sono più motori ragionanti che fantasisti veri e propri). Ecco che un oriundo carioca, specialmente in serate come queste, fa comodo: ma poi neppure lui, in fondo, fa molto altro che farsi trovare pronto con la palla giusta tra i piedi. Il gol di Éder ricorda vagamente quello di Dirceu che trafisse Zoff nel lontano 1978, solo che adesso Dirceu gioca con l’Italia: è l’84’, un minuto dopo la Bulgaria decide di privarsi anche di Popov, il brillante regista dell’uno-due bulgaro, oltre che autore del pareggio; e questo lascia intendere che la gara, almeno per gli uomini di Petev, si chiude qui. Per l’Italia, invece, c’è ancora spazio per un brivido provocato da un tiro di Gabbiadini; è l’88’, ma è solo un brivido.