Il mondo, la realtà, la vita, si sa, non sono mai bianchi o neri, ma pieni di infinite sfumature intermedie o marginali. Dal 2011-12, invece, la serie A sembra essere diventata inesorabilmente bianconera. Magari è un segno del destino che a livello calcistico siano le tinte più rigorose - le più assolute - a dominare sullo sfondo di un’epoca di austerity. Fatto sta che tra la Juventus che non cercava altra impresa se non quella di evitare imprese – da parte altrui, naturalmente, ma anche propria – e la Roma che è rimasta a metà, dell’impresa, ha vinto il bianco (del pareggio), e ha vinto il nero (quello dell’incolmabile vuoto che resta tra l’una e l’altra, nove punti di distacco). Per i capitolini era forse l’ultima occasione di reintrodurre il colore (un po’ di colore) nel campionato. Niente da fare: la Juventus si avvia (comunque meritatamente, beninteso) a conquistare il poker del rigore.
Fischio d’inizio alle 21.00 di lunedì 2 marzo, posticipo della XXV giornata. Nel primo tempo la partita è stata sostanzialmente bloccata: Juve frettolosa e imprecisa, Roma manovriera ma non incisiva, ancora più nervosa degli avversari. I ritmi, però, giocano a favore della squadra di Allegri. Brivido al 22’, quando il romanista Manolas, per chiudere su Morata, per poco non sfiora la fatale autorete. Non sucede null’altro prima del ritorno negli spogliatoi, a parte tre ammonizioni: per la Roma Torosidis al 19’ e il solito “anti-deamicisiano” De Rossi al 32’; Evra, al 41’, tra le file degli zebrati.
L’approssimazione la fa da padrona anche ad inizio ripresa: ma la Juve prende più coraggio, e così al 50’ i padroni di casa sudano freddo, per un diagonale al veleno del cileno Vidal che sfiora di pochissimo il palo alla sinistra di De Sanctis. Quattro minuti dopo c’è il secondo ammonito della Juve: si tratta di Morata. Poi è una processione di cartellini giallorossi: al 57’ è ammonito Pjanic, stessa sorte tre minuti dopo per Yanga Mbiwa. Non ne passano altri due ed è la volta di Torosidis, costretto a guadagnare anzitempo la via delle docce. Livido presagio del vantaggio bianconero, arrivato direttamente su punizione dal piede di Tevez al 64’: l’Apache fa Platini, e “Olimpico” in agonia (tranne la macchia bianconera). Ma non è per nulla finita. Garcia si butta sulle sostituzioni: così nella Roma Florenzi prende il posto di Ljajic al 65’ , poi al 71’ Totti finisce la sua gara e gli subentra Iturbe. Con lui i capitolini cambiano passo. Al 73’ anche De Rossi abbandona il terreno di gioco, per far posto a Nainggolan. Nelle file della Juve, intanto, pure Marchisio viene raggiunto dal giallo: è il 71’, al 77’ gli farà compagnia Chiellini. Il suo fallo è causa della punizione che, un minuto dopo, consentirà alla Roma di pareggiare: la firma dell’1-1 è di Keita. Resurrezione. Al 79’ Nainggolan diventa il quarto ammonito della gara per i padroni di casa. La Roma sembra voler spaccare il mondo, ma purtroppo non gli riuscirà di infilare per la seconda volta Buffon. Le ultime emozioni della partita sono tali solo per il tabellino. Nella Juve all’83’ Coman sostituisce Morata, e poi all’89’ Padoin dà il cambio a Lichtsteiner. Tra una sostituzione e l’altra Vidal, all’84’, trova il tempo di farsi ammonire.
La Roma ha dimostrato di avere grande cuore e grande orgoglio, ma anche di essere sostanzialmente più debole in campionato rispetto allo scorso anno, seppur forse più attrezzata (in Europa, tuttavia, va meglio). Forse, però, il suo vero limite sta nell’essersi fatta schiacciare, proprio come ieri sera, da una predisposizione alla rincorsa un po’ masochistica; è come se, puntualmente nei momenti topici, attendesse di dover inseguire per tirare fuori le sue energie. E senza dubbio si può affermare che, fino ad ora, il leitmotiv della Roma di Garcia sta nell’eterna incompiutezza, forse in un’inconfessata vocazione alla “secondità”.