Prima del giro di ricognizione, chiunque fosse sveglio alle 7:00 in punto del mattino e avesse visto il viso di Marc Marquez, avrebbe pensato di non averlo mai visto così.
Mai visto così concentrato, mai visto così maturo, mai visto così “grande”, lui che è un bambino e che sfoggia fiero i suoi goliardici ventuno anni.
Evidentemente chi avesse pensato questo, non avrebbe minimamente sbagliato.
Perché era solo il giusto preludio di quello che sarebbe avvenuto: il secondo titolo mondiale consecutivo per Marc Marquez, che lo accoglieva con solennità, che lo assaggiava sul palato prima ancora della partenza.
Si laurea campione del mondo questo Marc Marquez così stratosferico, questo disumano spagnolo numero 93, questo immaturo alieno che ha la moto a sinistra e la piega a destra.
Marquez si prende il secondo titolo mondiale di fila sul Circuito di casa (il Circuito Honda di Motegi), davanti l pubblico di casa Honda e davanti alla famiglia (già gonfia di orgoglio per il successo del fratello in 125) e davanti al team Repsol Honda che è stato eloquentemente ripagato di ogni lavoro tecnico da questa vittoria del numero uno di questa stagione.
Splendido, emozionante Gran Premio del Giappone che consacra il titolo a lui, lo stesso Marquez abituato ai miracoli laici,che partiva quarto (peggior qualifica annuale), che è retrocesso sesto, che ha recuperato su Pedrosa, Iannone, Dovizioso e Rossi, che è giunto secondo oggi, ma che è giunto primo per ben undici gare consecutive, ad azzerare ogni statistica, a ribaltare ogni classifica, a tingere di lui e del suo fluorescente arancione ogni pittoresca gara di questo Mondiale 2014.