Chi è, dopo Blatter, la mente più vulcanica dal punto di vista creativo nel mondo del calcio? Ma naturalmente Platini, presidente UEFA dal 2007. Dopo l’allargamento del novero delle squadre partecipanti alla fase finale da sedici a ventiquattro, ecco la sua ultima idea per il torneo continentale: gli Europei di calcio del 2020 non si giocheranno in un solo Paese né in due, com’è accaduto nel 2000, nel 2008 e nel 2012, bensì… in tredici! Il 19 settembre è stato ufficializzato di quali si tratta. Alcuni di essi, naturalmente, sanno già cosa significa organizzare e ospitare un Europeo (Inghilterra, Germania, Italia, Belgio, Olanda, Spagna), ma la maggioranza è costituita da new entry assolute: si va dalle nazioni che, comunque, calcisticamente hanno una qualche tradizione (Danimarca, Russia, Ungheria) alle eterne promesse (Scozia, Romania, Irlanda) fino alla realtà in via di sviluppo footbalistico (Azerbaijan). Un campionato apolide e, nello stesso tempo, il più possibile paneuropeo: il colpo di genio è quello di far sì che in ciascun Paese sia una e una sola città ad ospitare una partita o un numero ristrettissimo di esse.
Per l’Italia la città prescelta è Roma: più che il blasone calcistico (Milano, che era in ballottaggio, sarebbe stata più titolata) ha probabilmente contato il fatto che si tratta della capitale. Effettivamente sono altre otto le capitali selezionate: Baku, Bruxelles, Copenaghen, Londra, Budapest, Dublino, Amsterdam, Bucarest; le sedi rimanenti sono però, per così dire, “soltanto” piazze calcisticamente notevoli: Glasgow, San Pietroburgo, Bilbao e Monaco di Baviera.
A Roma, nella cornice dello Stadio Olimpico, si disputeranno tre partite della fase a gironi e un quarto di finsle; il medesimo pacchetto è stato assegnato anche a Monaco, Baku e San Pietroburgo.