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Tour de France, è Froome III

Per l’anglo-keniota è la terza Grande Boucle della carriera

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Il Tour de France si è concluso.

Va in archivio l’edizione n. 103 della grande corsa gialla. Ma la domanda è: è finit veramente ieri, domenica 24 luglio? O non era per caso finita già il 21, dopo la crono individuale Sallanches-Megève, o magari il 9, al termine dell’ottava fatica Pau-Bagnères de Luchon? E già, perché a conti fatti le tappe determinanti per la storia di questo Tour sono state proprio le due di cui abbiamo parlato poc’anzi.

Quella consumatasi dalla regione dell’Aquitania  a quella del Midi-Pirenei sancì la translatio imperii in classifica generale dal belga Van Avarmaet (BMC) a Chris Froome (Sky), proprio grazie alla vittoria di giornata dell’anglo-keniota. La quart’ultima fatica, poi, è servita a certificare in modo definitivo la supremazia in giallo del leader Sky che, una volta messosi addosso il simbolo tessile del primato, in quelle dieci giornate intercorse tra la prima vestizione e la corsa contro il tempo (e contro se stessi) nel cuore dell’Alta Savoia non l’aveva mai più persa. E naturalmente, questa certifiazione è avvenuta con un’altra vittoria ottenuta in prima persona.

Se da Bagnères de Luchon a Sallanches si poteva ancora dire che, nonostante tutto, la storia del Tour non era ancora del tutto finita, dopo Megève davvero non era rimasta più alcuna storia da scrivere. E questo a dispetto del fatto che nel calendario, prima della passerella di ieri, erano rimaste due tappe tutt’altro che secondarie: la Albertville-Saint Gervais Mont Blancultimo arrivo in salita dopo un percorso di  146 km, e poi la Megève-Morzine, altri 146 km (per la precisione 146.5) con molte altre alture e un finale in saliscendi.

Due appuntamenti da ribaltone, in effetti, che però Froome è riuscito a controllare agevolmente, e uscendone da gran lord: sul podio di  Saint Gervais Mont Blanc (22 luglio) non disdegnando di condividere riflettori e champagne con il vincitore di giornata ideale per stimolare un po’ di quell’orgoglio patriottico indispensabile ai francesi (parliamo di Romain Bardet della Ag2r); e sulla strada per il traguardo di Morzine, poi (parliamo del 23 luglio), non contrastando in alcun modo la prima vittoria alla Grande Boucle nella carriera dei fratelli Izagirre, Jon e Gorka, entrambi in forza alla Movistar. L’alloro è andato più precisamente a Jon, ma si è trattato senza alcun dubbio di un riscatto  anche per il suo consanguineo, costretto al ritiro alla diciassettesima tappa, e quindi in sostanza di un trionfo di famiglia.

E che dire poi della promenade (se possiamo usare questa parola senza dolore) conclusiva da Chantilly agli Champs  Élysées di Parigi (113 km)? Proprio all’ultima occasione, finalmente, è stata festa anche per il “gorilla” Greipel, e di certo non sarebbe stato giusto che almeno in una casellina della colonna dei vincitori di tappa il corridore della Lotto-Soudal non avesse trovato posto. Issato lassù, sulla sua olimpica vetta, a quel punto ormai il padrone del Tour non aveva certo alcun interesse a negare qualcosa a qualcuno: dal momento che ormai nessuno poteva negargli la gioia di aggiungere il terzo tour de France al suo personale palmarés, dopo aver vinto l’edizione dell’anno scorso e prima ancora quella del 2013.

Questi tutti gli altri trionfatori del Tour:  Peter Sagan (Tinkoff) chiude da dominatore della classifica a punti, e dunque in maglia verde; il suo compagno Majka è il re degli scalatori, avendo mantenuto fino a Parigi la maglia a pois, mentre Adam Yates (Orica-BikeExchange), per molte giornate vice maglia gialla, si consola portandosi a casa la maglia bianca di miglior giovane. Infine la Movistar è la regina della classifica a squadre

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