Un po’ di russo, a quattro giornate dalla fine, non guasta.
Dopo tanto tanto inglese, parecchio slovacco, una punta di tedesco, di colombiano e di belga qua e là e qualche spruzzata di olandese, il Tour prova qualcosa di nuovo, a livello linguistico. La vittoria, si sa, appartiene a tutte le lingue: e, quando a coglierla è un corridore venuto dalle fredde e misteriose terre sconfinate degli Sciti, la gioia è quasi sempre composta, misurata; un po’ fredda?
Può essere, ma nel caso specifico anche “temperata” da una fatica non da poco, la Berna-Finhaut Emosson di 184,5 km (con la XVII tappa dalla Svizzera si è tornati in Francia). Questo è stato il modo di varcare per primo la soglia dell’arrivo da parte di Il’nur Zakarin (Katusha), senza braccia alzate, senza trovate teatrali o gesti destinati a divenire rituali da mattatore: ma chino sul manubrio, proprio quando alla fine mancavano ancora alcuni chilometri, e pronto a gettarsi tra le braccia dei tecnici del suo team per farsi disarcionare e tornare un qualunque essere pedestre.
La prima vittoria di un russo alla Grande Boucle di quest’anno e soprattutto la prima personale vittoria di Zakarin alla corsa gialla (oltre che del suo team): la pratica per l’alloro di giornata l’atleta di Naberežnye Čelny la chiude a 5,9 km dalla fine, quando decide di lasciarsi alle spalle l’altro battistrada, Pantano (IAM) e correre da solo verso il traguardo.
Cosicché dietro si apriva lo spettacolo della lotta all’ultimo sangue per lo sconvolgimento degli equilibri in classifica generale: con Mollema (Trek), secondo della graduatoria, in evidente difficoltà, e Quintana e Valverde (uomini di punta della Movistar) pericolosi come fuochi di paglia, a Froome (Sky) superbamente assistito dallo scudiero Porte, bastava tamponare l’assalto energico e disperato di Aru (Astana) e l’accelerazione a sorpresa, nel finale, di Yates (Orica-BikeExchange) terzo in classifica per incrementare forse in modo decisivo la sua leadership. Ora l’anglo-keniota gode di un vantagio di 2’27’’ su Mollema e di 2’53’’ su Yates.
Come si è arrivati alla fuga finale di Zakarin? Abbiamo già detto che essa ha come presupposto un allungo a due, che a 5 km dall’arrivo ha visto protagonisti, appunto, il russo e il colombiano Pantano. In realtà Zakarin era andato ad agganciare un altro duo formato da Pantano con Majka (Tinkoff), formatosi subito dopo l’ultimo gpm del Col de la Forclaz. Quindi era avvenuto che Majka, che aveva fatto incetta di gpm (oltre che Col de la Forclaz, anche salita di Saanemősser e Col des Mosses) rimanesse indietro, e in avanti restassero appunto Pantano e Zakarin.
Prima ancora, cioè prima dello spartiacque del Col de la Forclaz, in testa c’erano 10 uomini, oltre a Majka, Pantano e Zakarin anche Kangert (Astana), Durasek (Lampre-Merida), Pozzovivo (Ag2r), Morabito (Fdj), Feillu (Fortuneo) Van Avermaet (Bmc) e Voeckler (Direct Energie): essi, che avevano vanificato un allungo di Lutsenko (Astana) e di Gallopin (Lotto-Soudal) e li avevano rispediti nell’anonimato, erano quanto rimaneva di un precedente gruppo di 13 unità (comprendente, oltre a quei due battistrada, anche Clement della IAM), a sua volta evoluzione di un altro plotone di 14 unità, che in origine ne contava solo 11. Quest’ultimo aveva preso corpo solo a 107 km dall’arrivo, giacché fino a quel momento la carovana aveva marciato supercompatta.
La giornata era iniziata con una caduta di gruppo al km 1: a causa di essa Izagirre della Movistar era stato costretto al ritiro.