Si è spento a novantacinque anni mercoledì 8 aprile Giorgio Salvini, fisico italiano di fama internazionale.
Il suo nome resta legato agli studi nel campo della fisica delle particelle. Molti, specie i più giovani, lo ricorderanno come ministro dell’Università e della Ricerca nel governo tecnico di Lamberto Dini (1995-‘96). Ma quella fu soltanto un’esperienza fugace di scienziato prestato alla politica: Salvini, infatti, è stato prima di tutto un monumento della Fisica italiana. Con Edoardo Amaldi, uno dei ragazzi di via Panisperna, si può considerare l’artefice del Rinascimento della Fisica italiana nel dopoguerra.
Lui, Salvini, per ragioni di età (era nato nel 1920, ed era di dodici anni più giovane di Amaldi), non poté mai far parte dell’aureo gruppo che faceva capo a Enrico Fermi. Ma lavorando a fianco con Amaldi è come se ne avesse respirato l’atmosfera. I destini di Salvini e di Amaldi si incrociarono, ai primi degli anni ’50, nelle segrete stanze ov si progettava la realizzazione di un progetto ambizioso, l’elettrosincrotrone di Frascati, il primo acceleratore circolare di elettroni mai costruito in Italia: uno strumento, che consentì la produzione in laboratorio di fotoni attraverso la collisione di fasci di elettroni su un bersaglio interno alla ciambella (cioè la vasca circolare della macchina).
Dal 1966 al 1969 Salvini ricoprì la carica di presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che aveva avuto tra i suoi fondatori proprio Amaldi. Dal ’90 al ’94 fu poi presidente dell’Accademia dei Lincei.