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Spazio, missione Soyuz sotto due bandiere

La navetta è diretta alla Stazione Spaziale Internazionale

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Il cosmodromo di Baikonur, in Khazakistan, anche noto come Tjuratam, sin dai bei tempi dell’Unione Sovietica rappresenta la risposta del Cremlino al Cape Canaveral degli americani. Nel perimetro di questa base di lancio c’è tutta la storia dell’espansionismo spaziale sovietico: il 4 ottobre 1957, il primo lancio andato a buon fine di un satellite artificiale, lo Sputnik 1,; il 12 aprile 1961, il  primo lancio nelle immensità dello spazio di un essere umano, il mitico e sfortunato Yuri Gagarin; e, tre anni dopo di lui, esattamente il 16 giugno 1963, il primo viaggio tra le stelle di una donna, Valentina Tereškova. In anni più recenti, poi, come dimenticare il 28 dicembre 2005, data in cui da questa base è partito il primo satellite del programma di prova di Galileo, il sistema di posizionamento e navigazione satellitare europeo. Venerdì 26 settembre del corrente anno, una nuova pagina di storia: dopo diciassette anni, dalle sue rampe di lancio una donna russa, Elena Serova, viene riportata tra le stelle, a bordo di una navetta Soyuz.  Destinazione Iss, la Stazione  spaziale internazionale. Con lei viaggiano un altro astronauta russo, Alexander Samokutyaev, e… un astronauta della Nasa, Barry Wilmore. Com’è possibile questo?
L’Iss, nata nel 1998, è un avamposto orbitante di ricerca, condiviso da più nazioni: una sorta di “Onu delle stelle”, se ci si consente la definizione. Ora si dà il caso che gli Usa (proprio gli Usa) dal 2011, messi in pensione gli shuttle, non abbiano più né un proprio programma né una rampa di lancio per raggiungere l’Iss; quindi, per arrivarci, i suoi astronauti sono costretti a “prendere il taxi ” (infatti pagano per viaggiare e non poco: settanta milioni di dollari a persona) proprio a Baikonur. In una parola, non hanno alternative ad approfittare dei Soyuz che partono dal Cape Canaveral degli eterni concorrenti. Recentemente, per ovviare al problema, gli ingegneri spaziali americani hanno sviluppato la  sonda Dragon V2, ma ci vorrà ancora del tempo perché diventi operativa. Quindi, gli storici del Tjuratam un domani, tra le altre cose, potranno trionfalisticamente scrivere che il Cosmodromo ha costretto la NASA a versargli il tributo.    

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