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Fusen Bakudan: la minaccia fantasma che veniva dal cielo

La storia degli unici morti americani, sul suolo americano, uccisi in un attacco nemico nella Seconda Guerra Mondiale

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5 maggio 1945. Siamo nei pressi di Bly, in Oregon. Il reverendo Archie Mitchell e sua moglie, la ventiseienne Elsie, incinta del loro primo figlio, stanno accompagnando cinque bambini della loro scuola domenicale per un pic-nic fuori città. Archie è indietro, è distaccato dagli altri quando sente la moglie urlare di aver trovato qualcosa. Il reverendo non riesce a raggiungere quel gruppo incuriosito che una violenta e improvvisa deflagrazione cancella per sempre le loro vite dalla faccia della Terra. Elsie e cinque bambini dagli 11 ai 14 anni non ci sono più. Agli agenti governativi giunti sul posto, Archie, distrutto, riesce a dire solamente che l'oggetto in questione sembrava un pallone, un pallone aerostatico. Per i federali non ci sono dubbi, è opera di un attacco giapponese. Sebbene la stampa non abbia divulgato alcuna notizia nell'ultimo anno, per impedire che il nemico intercettasse i successi dei suoi attacchi sul suolo americano, stavolta bisognava fare qualcosa per proteggere i cittadini che, ignari, avrebbero potuto imbattersi in quegli strani palloni. L'esercito e la marina pensano allora di divulgare alcune informazioni, e il 22 maggio il Chicago Daily Tribune decide di riportarle “in maniera tale che le persone possano stare lontane da eventuali pericoli, rassicurando comunque che certi attacchi sono talmente sporadici e privi di senso da non rappresentare una vera minaccia militare”. In America non lo sanno, ma quella piccola battaglia silenziosa l'hanno già vinta, tanto che il Giappone ha definitivamente annullato il suo progetto nel mese di aprile. Elsie e i bambini sono le uniche vittime americane, su suolo americano, cadute per mano nemica durante la Seconda Guerra Mondiale, e questo il paese del Sol Levante non avrebbe mai dovuto saperlo.

I coniugi Mitchell

La silenziosa guerra dei palloni aerostatici inizia nel 1933, quando il Laboratorio Scientifico Militare giapponese comincia a lavorare su un nuovo programma di ricerca e sviluppo di nuove armi. Al centro degli studi ci sono le correnti dell'alta atmosfera e, in particolar modo, le correnti a getto, flussi d'aria costanti e canalizzati da ovest ad est, con velocità comprese dai 150 ai 360 km/h. L'occasione per applicare studi di questo genere arriva nel '42 quando, in risposta al raid americano dell'operazione Doolittle, un lavoro congiunto di esercito e marina sviluppa “palloni bomba” in grado di essere trasportati da un sommergibile nei pressi degli Stati Uniti e liberati quindi nell'aria, con l'intento di bombardare a distanza il suolo americano, li chiamano Fusen Bakudan. Il progetto viene accantonato poco dopo, in quanto il sommergibile allestito per l'operazione viene richiamato a Guadalcanal. Tuttavia, i ricercatori del Laboratorio Scientifico Militare non demordono, liberano in atmosfera numerosi palloni con l'intento di raccogliere dati, e scoprono che la corrente a getto polare è in grado di trasportare i palloni-bomba direttamente dal Giappone al suolo statunitense.

Corrente a getto polare

Le operazioni di bombardamento iniziano ufficialmente il 3 novembre del '44, in quanto la corrente a getto polare è più forte da novembre a marzo. Da quel momento fino alla cancellazione del progetto, i giapponesi lanceranno palloni bomba ogni giorno con condizioni meteo ideali, per un totale di circa 6000-9000 palloni totali, stimando comunque che solo il 10% avrebbe colpito il suolo americano. Nei mesi seguenti, negli Stati Uniti, vengono individuati palloni bomba nel Montana, Wyoming, Oregon, Alaska e Washington. I giornali locali iniziano a titolare articoli riguardo strani palloni fantasma mentre l'FBI, studiando i palloni inesplosi, identifica chiaramente un'origine nipponica di quelle strane armi. Il governo inizia allora a censurare la stampa riguardo l'argomento, è imperativo che i giapponesi non vengano a sapere dei successi della loro strategia. Sorge a questo punto una domanda cruciale per gli statunitensi: da dove vengono quei palloni? Gli americani non sono minimamente convinti che tali ordigni provengano dal Giappone, non lo ritengono fisicamente possibile, trovano invece più probabile che vengano lanciati dall'Alaska, da prigionieri tedeschi e giapponesi fuggiti dai campi di prigionia. I giapponesi traggono un enorme vantaggio dalla confusione che affligge l'intelligence americana, e sono molto attenti a non lasciare tracce nella fabbricazione degli ordigni che riconducano a una provenienza nipponica.

rilevamenti dei "palloni bomba"

Nel pieno della disperazione, il Bureau decide di rivolgersi all'Unità Geologica Militare, branca del Servizio Geologico Nazionale. L'obiettivo è quello di decifrare le piccole tracce di sabbia intrappolate sulla superficie degli ordigni, al fine di tentare -disperatamente- di risalire alla zona di lancio dei palloni. Vengono coinvolti mineralogisti, petrografi e paleontologi. Da una prima analisi dei campioni non emerge della mica nella composizione mineralogica, questo esclude una sorgente granitica, e quindi continentale. Al contrario, questi contengono alte percentuali di iperstene e bassi tenori di augite, orneblenda, granato, magnetite ad alto contenuto di titanio e quarzite formata da alte temperature. Iperstene e augite hanno origini vulcaniche, mentre granato sono di provenienza metamorfica. L'iperstene è un minerale poco diffuso, di conseguenza delle percentuali alte nella sabbia sono così rare da essere identificative. La composizione mineralogica generale descrive una sabbia influenzata da un ambiente vulcanico e metamorfico, ma non dal granito continentale. Ciò porta a escludere le isole del pacifico, caratterizzata da una composizione basaltica delle sabbie, senza quarzo da alte temperature o minerali metamorfici. L'analisi paleontologica rivela l'assenza assoluta di strutture coralline, e anche questo dettaglio risulta cruciale nell'identificazione. Negli oceani attuali i coralli si sviluppano in acque con temperature superiori a 18°C, questo tende a restringere la loro presenza nelle aree tropicali, tra i 30° nord e 30° sud di latitudine. Molti coralli richiedono acque molto saline e abbastanza limpide da garantire un costante irraggiamento di luce solare. Questo colloca i campioni di sabbia in una regione caratterizzata da acque fredde, e questo esclude la quasi totalità delle spiagge a sud della baia di Tokyo. Vengono allora analizzate delle diatomee (microrganismi algali monocellulari) e foraminiferi (microrganismi ameboidi a guscio calcitico) per ottenere informazioni ancora più dettagliate. Le specie identificate portano a riconoscere un'area intorno alla cittadina di Sendai, a nord-est di Honshu, una sottile area a nord di Tokyo.

Diatomee

Da lì, nello specifico, vengono identificate le spiagge di Shiogama, a nord est di Sendai, e una spiaggia di Ichinomya, qualche chilometro da Tokyo. Iniziano diverse ricognizioni aeree che fotografano dei siti verosimilmente atti alla liberazione dei palloni bomba e da lì, in poco tempo, iniziano raid aerei che radono al suolo quelle determinate aree.

Foraminiferi

Finisce così una battaglia non combattuta da soldati, bensì da scienziati. Termina la breve guerra della scienza applicata alla distruzione, con l'annullamento da parte del Giappone di un piano disperato già in partenza, prima che un ultimo, definitivo, colpo da parte dagli Stati Uniti arrivi a cancellare letteralmente due città quali Hiroshima e Nagasaki, come un ultimo punto esclamativo della ricerca scientifica applicata “all'arte della guerra”.

In tutto ciò, in questa breve battaglia di intelligence, sei innocenti sono morti retroattivamente in un contesto che niente spartisce con un obiettivo militare. Sei vittime o “solo” sei vittime, un punto di vista che in entrambi i casi nessuno dei due schieramenti può pensare come una vittoria.

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