Lo studio portato avanti da ricercatori italiani e medici della Società italiana di Medicina Ambientale ha analizzato la correlazione tra inquinamento atmosferico e diffusione del coronavirus. I dati dimostrano una relazione tra i casi di Covid-19 e le aree in cui la presenza di Pm10 nell’aria supera i limiti di legge.
Leonardo Setti dell'Università di Bologna e Gianluigi de Gennaro dell'Università di Bari hanno incrociato i dati provenienti dalle centraline dell’Arpa delle regioni interessate e i dati dei contagiati comunicati dalla Protezione Civile fino al 3 marzo evidenziando la relazione. Infatti, la Pianura padana è stata l’area maggiormente colpita dal virus mostrando accelerazioni anomale in concomitanza con elevate concentrazioni di particolato atmosferico.
Si pensa, dunque, che le polveri sottili abbiano contribuito alla diffusione dell’epidemia e potrebbe essere questo uno dei motivi per cui proprio nell’area padana si sia concentrata la “zona rossa” del virus. Si pensi a Brescia, città molto colpita dall’inquinamento e tra i primi casi di focolai di Coronavirus e a Roma, in cui la presenza di contagi era già dimostrata nello stesso periodo del settentrione ma non ha innescato un fenomeno così violento.