Benvenuti nella Palos del III millennio.
Non siamo nella Spagna colombiana; certo, del navigatore genovese continua ad aleggiare lo spirito indomito e tenace (che mai indietreggia dalla volontà di scoprire), però ci troviamo nel Kazakistan della corsa allo Spazio post-guerra fredda, quella in cui il grande impegno tecnologico nell'esplorazione del Sistema solare non è ormai più un prolungamento del duello geopolitico tra americani e russi, ma un’occasione di collaborazione scientifica tra le due superpotenze, con la partecipazione anche di altri paesi.
La "Palos" di cui parliamo è la stazione spaziale (tecnicamente: cosmodromo) di Baikonur, da cui, lo scorso giovedì 7 luglio, è stato lanciato un nuovo modello di navetta spaziale Soyuz Ms-01. La navetta, nel corso del fine settimana, è giunta alla sua meta, la Stazione spaiale internazionale (Iss),il campo-base orbitante delle cosmo-ricerche scientifiche svolte sotto cinque bandiere: la statunitense, la russa, la giapponese, la canadese e l’europea).
A bordo della Soyuz hanno viaggiato tre astronauti di altrettante nazionalità: l’americana Kathleen Rubins, il russo Anatoly Ivanishin e il giapponese Takuya Onishi. I tre sono così giunti sull’Iss per una missione, della durata di quattro mesi, che prevede la realizzazione di esperimenti in vari campi di ricerca.
Inizialmente il lancio della navetta era programmato per il 6 giugno del corrente anno, e sarebbe stato una sorta di D-Day nell’ambito dell’ormai cinquantennale programma Soyuz (o Sojuz); in seguito, però, essendo stati riscontrati dei difetti nel sistema di controllo, si è preferito rinviare lo storico momento al 7 luglio. Differita iuvant.