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Vaccini, allo studio 'scudo' a mRna contro la malattia di Lyme

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Allo studio negli Usa un vaccino a mRna contro la malattia di Lyme, l'infezione trasmessa dalle zecche. Secondo i ricercatori dell'Università della Pennsylvania che lo stanno sviluppando e lo hanno testato per ora su modelli animali, il prodotto - basato sulla stessa tecnologia dei vaccini anti-Covid - può prevenire l'insorgenza della malattia di Lyme e rappresentare "un potente strumento per ridurre il numero di casi". 

Il batterio che causa la malattia di Lyme si chiama Borrelia burgdorferi, viene trasmesso attraverso la puntura di zecche infette e può dare febbre, mal di testa, affaticamento ed eruzioni cutanee. Se non trattata, l'infezione può diffondersi alle articolazioni, al cuore e al sistema nervoso. Benché nella maggior parte dei casi la malattia si risolva con qualche settimana di antibiotici, alcuni pazienti sviluppano la cosiddetta sindrome della malattia di Lyme post-trattamento, che può provocare sintomi persistenti come forti dolori articolari e problemi neurocognitivi. Vaccini anti-Lyme esistono per i cani, ma non ancora per l'uomo. "I batteri sono organismi più complessi dei virus e quindi può essere più difficile sviluppare vaccini efficaci per contrastarli", spiega il microbiologo Norbert Pardi, autore senior dello studio pubblicato su 'Cell'. In questo caso "siamo stati in grado di identificare un bersaglio per un vaccino a mRna che mostra risultati promettenti nella prevenzione dell'infezione da B. burgdorferi nei modelli animali".  

Insieme a Drew Weissman, pioniere dei vaccini a mRna, Pardi e colleghi hanno individuato come target una proteina detta OspA, presente sulla superficie di B. burgdorferi e conservata in molteplici ceppi del batterio. Nei test sui modelli animali, dopo una singola somministrazione, il vaccino sperimentale ha indotto "una forte risposta di anticorpi e cellule T antigene-specifici" che potrebbe proteggere dalla Lyme. Il prodotto ha suscitato inoltre "una forte risposta delle cellule B di memoria", che potrebbe aiutare a prevenire l'infezione da B. burgdorferi anche molto tempo dopo l'inoculo. Il progetto è finanziato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) americano, dalla Steven and Alexandra Cohen Foundation, dall'Howard Hughes Medical Institute Emerging Pathogens Program e dal Burroughs Wellcome Fund.  

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