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Ansia: individuato il meccanismo d'azione

Lo rivela uno studio di 'California Institute of Technology'

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Almeno una volta nella propria vita, tutti abbiamo sofferto in maniera più o meno forte, d'ansia, anche se ci sono molti soggetti inconsapevoli di provare alcune piccole forme di questo disturbo.  Recentemente, un gruppo di ricercatori è riuscito a trovare un circuito neuronale, che collega una particolare area del cervello, cioè il setto laterale o LS, con altre strutture cerebrali che influenzano in maniera diretta gli episodi ansiosi. La teoria è stata elaborata dal coordinatore dello studio, David Anderson, professore di biologia al California Institute of Technology. «Il nostro studio ha identificato un nuovo circuito neurale, che svolge un ruolo causale nella promozione di stati d’ansia - spiega David Anderson - . Il motivo principale del fatto che mancano farmaci efficaci e specifici per l’ansia è che non sappiamo abbastanza sul modo in cui il cervello attivi l’ansia. Questo studio apre un nuovo filone di indagine nei circuiti del cervello che controllano l’ansia». Il ricercatore ha condotto i suoi studi tramite una tecnica, denominata Optogenetica.

Si tratta di una nuova scienza capace di combinare tecniche ottiche per “spiare” all’interno dei circuiti neuronali di mammiferi e altri animali. In questo caso, la luce è servita per controllare l’attività di avviamento neurale, attivando, artificialmente, una serie di specifici neuroni geneticamente individuati nel setto laterale dei topi. In seguito a tale prova, i topi sono diventati più ansiosi. Gli studiosi hanno anche scoperto che, anche un’attivazione breve e transitoria di questi neuroni, è in grado di stimolare uno stato di ansia per almeno mezz’ora. Secondo Anderson, tale caratteristica è paradossale, perché anche se l’attivazione tende a provocare ansia, tali neuroni hanno, in realtà, proprietà inibitorie: il che significa che ci si aspetterebbe da loro che spengano altri neuroni presenti nel cervello. «La parte più sorprendente di questi risultati è che le uscite di LS, che si credeva principalmente agissero come un freno contro l’ansia, in realtà aumentano l’ansia», precisa il ricercatore. Per comprendere più a fondo la questione, il team di ricerca ha scelto di monitorare, con più costanza, l’area neuronale del setto laterale, dove avvengono le connessioni nel cervello. Cosi facendo, hanno notato che una zona limitrofa, chiamata ipotalamo, è stata inibita. 

Non si può non evidenziare che, anche le cellule neuronali dell’ipotalamo, sono in gran parte del tipo inibitore. Queste sono collegate con un ulteriore struttura del cervello, denominata, nucleo paraventricolare o PVN. Quest’ultima è nota come sistema di controllo del rilascio ormonale. Tra i vari ormoni liberati vi è anche il cortisolo, correlato all'ansia, in risposta allo stress. Dunque, i ricercatori hanno concluso che tale struttura anatomica, per mezzo dell’attivazione dei neuroni inibitori presenti nel setto laterale, aumenterebbe il disturbo. Il problema è che non ci sono farmaci che inibiscono questi neuroni, proprio perché si credeva, fino a poco fa, che anziché scatenare l’ansia, la riducessero.«Siamo ancora probabilmente a un decennio di distanza dal tradurre questa ricerca di base in qualsiasi tipo di terapia per gli esseri umani, ma speriamo che, le informazioni ottenute da questo tipo di studio sul cervello, metteranno la medicina in una migliore posizione per sviluppare nuove terapie razionali per i disturbi psichiatrici. Ci sono stati pochissimi nuovi farmaci psichiatrici sviluppati negli ultimi 40 o 50 anni, - ha concluso Anderson - perché sappiamo così poco dei circuiti del cervello che controllano le emozioni».

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