Archiviato l'epilogo de “L'era Crucis Berlusconiana” è impellente avere un esecutivo che torni a guardare avanti, è necessario avere un governo che torni a preoccuparsi di obiettivi da raggiungere e progetti da edificare. Le dinamiche che hanno portato la fiducia al Governo Letta ci hanno consegnato un Berlusconi debole e stanco, un uomo che, ferito nell'orgoglio e negli interessi, ha provato a ringhiare fino all'ultimo minuto. Alla fine ha dovuto capitolare, ha dovuto subire l'ammutinamento dei suoi delfini fingendo un geniale “coup de theatre” che altro non era che la foglia di fico di un umiliante “obbedisco”.
Con franchezza credo che a pochi interessi sapere se da questa fiducia la maggioranza delle larghe intese ne esca rafforzata o meno, sempre più cittadini continuano convintamente a sostenere la tesi che una maggioranza così composta resti inadeguata per le reali necessità del paese. L'eterogeneità delle forze di governo rendono impossibile una qualsiasi forma di progettualità rendendo inevitabile un lento ed infruttuoso procedere a tastoni. Non si intravedono le condizioni per poter intervenire in modo efficace su tematiche che non possono non prescindere da un chiaro e netto indirizzo politico. Pensiamo ad una riforma delle imposte che persegua una maggiore equità, oppure ad una riforma del lavoro che elimini le troppe zone d'ombra prive di alcuna tutela e che permetta di recuperare tutti quei diritti erosi da troppi anni di liberismo sbarazzino ed immaturo. Pensiamo ad una radicale razionalizzazione della spesa pubblica che tagli drasticamente inutili e dispendiosi “carrozzoni”, diventati nel tempo veri e propri bacini elettorali, e torni a rinforzare, migliorandone necessariamente l'efficienza, uno stato sociale oggi più che mai carente e spolpato delle opportune risorse. Pensiamo ad una riforma che attui i principi costituzionali inerenti la struttura dei partiti, disciplinandone l'effettiva gestione democratica ed impersonale, pensiamo ad una vera riforma della legge elettorale che rispetti la disaffezione degli italiani verso il bipolarismo e permetta loro di scegliere direttamente e senza intermediari i propri delegati.
Pensiamo a queste ed altre necessità, più o meno prioritarie, e valutiamo la capacità di operare in tal senso da parte di una maggioranza composta da PD, PDL e Scelta Civica. Il risultato della valutazione non può che essere deprimente. Sebbene Grillo urli il contrario, sono troppo diverse le forze che formano il Governo Letta, troppo diversi gli elettori ed i loro rispettivi gruppi di pressione, l'omologazione che traspare è il risultato della incapacità di dare un indirizzo netto ai progetti messi in campo. Questa incapacità ci consegna bozze sbiadite, spesso indecifrabili, rinvii imbarazzanti e fastidiosi immobilismi. La sensazione è che il braccio di ferro tra Letta-Alfano e Berlusconi abbia tolto tempo alle vere priorità del Paese riempiendo uno spazio che sarebbe rimasto colpevolmente e consapevolmente vuoto. La sensazione di non avere un Governo, di non avere progetti ed ambizioni, oggi appare paradossalmente più nitida nonostante i tentativi di sbiadirla con l'invenzione di una crisi politica che nulla cambia. In fin dei conti decidere chi sia il più affidabile tra Alfano e Berlusconi è impresa tanto ardua quanto inconcludente e priva di valore aggiunto.