“Se me lo chiedono, io mi candido”.
Matteo Salvini non sarebbe il primo leghista a Palazzo Marino. Nella storia di Milano c’era già stata una camicia verde alla guida del Comune: si tratta di Marco Formentini, esponente della Lega arrabbiata e arrembante della prima era Bossi, ma anche transfuga dal Psi (e in seguito accostatosi alla Margherita).
Un’epoca relativamente così vicina, eppure così lontana: Formentini chiudeva gli anni della Milano da bere e dell’egemonia socialista craxiana, e traghettava la città meneghina nella Seconda Repubblica, dove la destra, di cui la Lega Nord era uno dei capisaldi insieme a Forza Italia e all’Msi (poi Alleanza Nazionale), era tornata, grazie a Berlusconi, prepotentemente alla ribalta.
Ma la Lega, quella Lega, nell’economia della miracolosa armata varata dal Cavaliere di Arcore non era che un avamposto estremista, arroccato nel culto di chimere impossibili e reso minoritario nel Paese da atteggiamenti fanatici, al limite del folkloristico. Oggi la situazione è cambiata: con un polo conservatore sempre più fragile e sfilacciato al suo interno, la Lega, non più bossiana e neanche maroniana bensì salviniana, post-secessionista e nazional-comunitaria , è rimasta l’unica realtà veramente in salute della destra, e aspira al ruolo di suo baricentro.
Si è parlato di Salvini come possibile nuovo leader di tutta la coalizione, in competizione con l’eterno Berlusconi; ma intanto, con i nuovi scenari che a Milano si sono venuti improvvisamente a creare, dopo la rinuncia ufficiale e anticipata di Giuliano Pisapia a ricandidarsi per le comunali del prossimo anno, il segretario leghista potrebbe rimandare le sue ambizioni da premier, e perseguire, da milanese purosangue, un altro suo vecchio sogno. Dopotutto, anche Renzi, il grande Matteo rivale, prima di arrivare a Palazzo Chigi era sindaco della sua città. Storia arcinota a tutti.
Si aspettano proposte ufficiali: il leader felpato non vede l’ora di portare il suo carisma e la sua popolarità nel torneo delle primarie del centro-destra. Sulla piazza milanese, se c’è un vuoto di candidati a destra, con l’eclissarsi spontaneo di Pisapia anche il centro-sinistra ha da rifare tutti i suoi calcoli. Bisognerebbe approfittare del momento, e Salvini fiuta la chance che un innegabile gradimento popolare potrebbe regalargli: “Se i milanesi ritengono che possa essere utile, io sono qui”. E cerca di stringere i tempi in vista di un appuntamento che promette di essere decisivo per la sua leadership: ”Si vada alle urne già il prossimo maggio, e non si sprechi un anno in primarie di centro-sinistra”.