Non si placa lo scandalo per il coinvolgimento del ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, nell’indagine di Firenze sul business delle grandi opere, perlopiù autostrade e linee di metropolitana: la cosiddetta inchiesta “Sistema”.
Dopo l’arresto di Ercole Incalza, ingegnere capo della Struttura tecnica di missione al ministero delle Infrastrutture, in pratica il “satrapo” dei grandi appalti pubblici per conto del dicastero di Piazzale di Porta Pia, all’ex berlusconiano autore del libro autobiografico La prima politica è vivere il mondo è cascato addosso. Anche perché, oltre che per il “ras”, le manette sono scattate anche per il suo braccio destro, Sandro Pacella, e per due imprenditori del giro di Incalza, Stefano Perotti e Francesco Cavallo. E inoltre si è venuto a sapere che Perotti si sarebbe massicciamente speso per trovare un lavoro al figlio di Lupi, Luca, a cui avrebbe regalato anche un costosissimo rolex.
Il partito di Nicky Vendola, Sinistra Ecologia e Libertà, si fa capofila di una proposta finalizzata a giungere ad un testo condiviso da tutte le opposizioni per una mozione di sfiducia nei confronti del ministro di area ciellina. È il capogruppo di Sel alla Camera, Arturo Scotto, a rivolgere un appello in tal senso “a tutte le opposizioni, ad aree dissidenti del Pd e anche altre aree”. A suo parere, è necessario convergere in direzione di un salutare “atto di forza”, che sarebbe anche “un segno di interesse reale per la scioccante vicenda dell’inchiesta Sistema”. Posizioni non più morbide vengono espresse dal Pd, con Orfini (“Prima si chiariscano le cose, poi valuteremo”), e dalla Lega (per il segretario Salvini "Gli italiani non possono avere un ministro delle Infrastrutture che lavora con ombre del genere alle spalle”).
Dalle pagine del suo blog anche il leader del M5S, Beppe Grillo, interviene sul caso-Lupi: “ Deve dare spiegazioni, dimettersi e restituirci fino all’ultimo centesimo quanto ha intascato come ministro delle Infrastrutture”. “Se non è un fallimento come ministro – prosegue Grillo – allora vuol dire che è uno sfortunello, o magari entrambi. È un fatto che i membri del suo entourage sono stati arrestati, dopo aver goduto per anni della sua protezione e copertura. Perché li ha scelti e soprattutto perché li ha coperti?”. In quest’ultimo passaggio Grillo si riferisce al fatto che Incalza era già stato sfiorato più volte in passato da altre inchieste relative ad opere pubbliche (Mose, Tav, Expo), per la precisione quattordici volte, e altrettante ne era uscito indenne. Quattordici è anche il numero degli anni che sono passati dall’ingresso di Incalza al ministero delle Infrastrutture (lo aveva voluto Lunardi, nel 2001).