Mentre in Senato si discute e si vota la fiducia sulla tormentata Delega sul Jobs Act, penso a Giuseppe Civati, detto Pippo, faccia da bravo ragazzo, che ha iniziato con Matteo Renzi la strada del rinnovamento all'interno del Partito Democratico. Certe strade sono lunghe e complicate, costano fatica, costano anche il sapore amaro ed indigesto delle sconfitte. Matteo è andato avanti e la sua tenacia è stata premiata. Pippo ha perso la ruota di Matteo troppo presto, ha rallentato alle prime salite, ha annaspato, è sceso dalla bici e, con il passo affaticato di chi rincorre sempre, ha iniziato ad essere contro tutti e tutto. Ai tempi di Enrico Letta e Pierluigi Bersani, appena entrato in Parlamento, il giovane Pippo ha iniziato a minacciare di non votare questo e di non votare quello, ha minacciato aventini e paventato dimissioni e scissioni. Nell'era Renzi, il giovane Pippo è diventato ancora più irascibile ed invidioso: "Non mi danno spazio; diserto le manifestazioni PD e vado a quelle di SEL; Guardate che se Vendola trova la prosa poi saranno narrative amare per tutti; la camicia bianca l'ho inventata io, etc" Ovviamente tutto rigorosamente condito da minacce di voti contrari, dai soliti aventini, dalle solite scissioni e bla bla bla. Poi si arriva al voto ed il giovane Pippo, puntualmente, mostra tutta la sua baldanza catapultandosi a votare... ovviamente a favore. Solitamente si presenta alle telecamere con l'aria un po' spaesata di chi promette, con un timido sorriso, che "questa è l'ultima, dalla prossima, se non si cambia musica, faccio un macello". Sembrerebbe la favola del "Lupo, al Lupo!" ma siamo pronti a scommettere che il lupo non arriverà mai.