La Commissione Politiche Europee al Senato, presieduta dall’esponente di Fratelli d’Italia Giulio Terzi di Sant’Agata, ha approvato (con 11 voti a favore e 7 contrari) la risoluzione di maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati). Il testo approvato dal centrodestra si oppone al certificato europeo di filiazione, che prevede che la genitorialità stabilita in uno Stato membro venga riconosciuta in ogni altro Stato membro, senza alcuna procedura speciale, che si tratti di figli di coppie eterosessuali, omogenitoriali, figli adottati o avuti con la maternità surrogata dove è consentita.
In questi giorni, la tematica dei “diritti” dei figli di genitori dello stesso sesso era finito al centro del dibattito politico, dopo che il Comune di Milano è stato costretto ad interrompere le registrazioni dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia, in base ad una circolare del ministero dell’Interno applicata dal Prefetto Renato Saccone. Il no del centrodestra al certificato europeo di filiazione, arrivato ieri dal Senato, ha ulteriormente inasprito le polemiche tra maggioranza e opposizione.
L’obbligo di riconoscimento del certificato europeo di filiazione non rispetta i principi di sussidiarietà e proporzionalità, per cui se venisse adottato sarebbe un’invasione palese del diritto europeo su quello nazionale. In particolare, uno dei timori paventati dal centrodestra riguarda la possibilità di far passare in via indiretta la maternità surrogata, che in Italia è vietata per legge.
Il centrosinistra, fautore compatto dei «nuovi diritti», è subito salito sulle barricate, reagendo con i consueti toni scandalizzati.
Per il capogruppo del M5S al Senato Barbara Floridia: “La scelta della maggioranza è equivalsa al peggior teatrino ideologico tipico del repertorio della destra. Hanno continuato a sventolare ossessivamente la bandierina del pericolo di una apertura del nostro ordinamento alla maternità surrogata, quando il regolamento UE non c’entra nulla con questo. L’Italia, con la Meloni, sta viaggiando verso la Visegràd dei diritti”.
Per i senatori del Movimento 5 Stelle Dolores Bevilacqua e Pietro Lorefice “Con questa decisione Giorgia Meloni e i suoi adepti si assumono una responsabilità clamorosa, portare un Paese come l'Italia sull'asse di Orban e della Polonia sulla materia di diritti".
“Al Senato, in Commissione, la destra oscurantista ha bocciato il regolamento UE per il riconoscimento dei diritti dei figli di coppie dello stesso sesso. Un voto che discrimina bambine e bambini. L’UE va avanti e l’Italia resta indietro”, lo scrive sui social l’on. Laura Boldrini, esponente del PD.
“Si trattava di riconoscere uguaglianza e civiltà. Ormai siamo alla destra ungherese”, commenta il deputato del Pd Alessandro Zan sui social dopo la bocciatura. Un concetto rafforzato dalla capogruppo del partito al Senato, Simona Malpezzi, secondo cui “L’Italia va con Polonia e Ungheria, restringendo l’ambito dei diritti. Il regolamento proposto dall'Unione Europea non andava a intaccare per nulla ordinamenti e leggi italiane, ma semplicemente faceva in modo che i figli, con uno status di figli in un determinato Paese della UE, potessero avere lo stesso status di figli nel Paese europeo dove si spostano con i loro genitori, quindi mettendo al primo posto sempre il diritto prioritario dei minori”.
Tra le voci di critica anche gli Europarlamentari del PD, Pina Picierno e Irene Tinagli. Per la Vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno “la maggioranza ha una vocazione reazionaria”. Per l’on. Tinagli “Sul fronte dei diritti questo governo si avvicina pericolosamente al confine ungherese: un comportamento discriminatorio nei confronti dei bambini che francamente non mi sarei aspettata da una Premier donna e mamma”.
Si unisce al coro di critiche anche l’altra opposizione rappresentata da Azione-Italia Viva. “Sono contrario alla depenalizzazione della Gpa (Gestazione per altri) ma è assurdo e ingiusto che i bambini ne subiscano le conseguenze negative. La posizione della maggioranza è ingiusta e sbagliata”, commenta il leader di Azione Carlo Calenda.
Il centrodestra si difende dagli attacchi strumentali provenienti dalle opposizioni. “No alla maternità surrogata e all'’utero in affitto. La risoluzione votata in commissione Politiche Europee del Senato ribadisce la nostra netta contrarietà a queste pratiche inaccettabili. Trattandosi di una materia delicata va adottato il principio di massima cautela. Solo l'ampio divieto di ricorrere alla maternità surrogata è in grado di evitare lo sfruttamento delle condizioni di fragilità delle donne. L'utero in affitto risulta lesivo della dignità della gestante, ma anche dello stesso bambino”, hanno dichiarato i senatori Maurizio Gasparri e Pierantonio Zanettin di Forza Italia.
Il sen. Marco Scurria esponente di Fratelli d’Italia commenta: “E’ inammissibile che il certificato potesse diventare automaticamente valido e quindi accettato anche in Italia. Ciò sarebbe andato a ledere i principi di sussidiarietà e proporzionalità”. In modo chiaro e netto il capo-gruppo al Senato di Fratelli d'Italia Lucio Malan, afferma: “L'Unione Europea ci chiederebbe di registrare obbligatoriamente in Italia i cosiddetti figli di due padri o di due madri solo perchè sono stati registrati all'estero. Noi riteniamo che questa sia una materia che riguarda gli Stati membri, in questo caso l'Italia, e pertanto deve essere regolata da proprie leggi. I bambini non sono merce che si acquista e le donne non sono strumenti da affittare. Noi ci opponiamo a questo".
L’associazione Pro Vita & Famiglia, attraverso il portavoce nazionale Jacopo Coghe, esprime profonda soddisfazione per l’esito del voto espresso dalla Commissione Politiche Europee del Senato “Bene il no della commissione Politiche Europee del Senato alla proposta di Regolamento UE per il riconoscimento dei diritti dei figli anche di coppie gay e l’adozione di un certificato europeo di filiazione. La proposta di regolamento dell’UE, come avevamo già denunciato a dicembre era un pericoloso tentativo di imporre gli effetti dell’illegale e inumana pratica dell’utero in affitto. Se fosse passata, infatti l’Italia sarebbe stata costretta a riconoscere una coppia di omosessuali come genitori di un bambino ottenuto tramite utero in affitto o fecondazione eterologa come conseguenza diretta e automatica del loro riconoscimento in un altro Stato membro. un’ingerenza ideologica e pericolosa sventata. Il regolamento dell’UE, annunciato con orgoglio dalla Von der Leyen, avrebbe portato in Italia il rischio di legittimare gli effetti della nuova forma di schiavitù femminile del XXI secolo. Ora Governo e Parlamento proseguano su questa strada e, coerentemente con questa decisione, rendano l’utero in affitto reato universale”.