«Il Pd è alla frutta. Mi incrocia Vincenzi e dice: “Tanto la legge la portiamo a casa”. Si, ma ad aprile». E' questo il messaggio su Twitter, del capogruppo grillino nel consiglio regionale del Lazio, Davide Barillari. La legge che il suo collega democratico, Marco Vincenzi, vuole portare avanti, è quella con cui la giunta di Nicola Zingaretti, ha deciso di fondere in una sola, le cinque società controllate da Sviluppo Lazio, tagliando 32 poltrone. Si tratterebbe di un risparmio di 3 milioni.
Anche se si pensa che i membri del Movimento 5 stelle, siano soddisfatti, in realtà, non è cosi. Sulla legge all’esame definitivo dell’assemblea regionale, sono arrivati 1.300 emendamenti: un migliaio dei grillini, uniti in una surreale alleanza con le truppe dell’ex governatore Francesco Storace, che al proliferare di quella giungla societaria, aveva già dato un fattivo contributo. L’ostruzionismo è feroce, sia pure con motivazioni distinte. Il centrodestra si oppone allo smantellamento della sua creatura e i grillini temono che con le fusioni arrivino potentissimi supermanager. Minacciano una guerra di posizione che può durare mesi. Ha poca importanza, se le fusioni in sequenza si dovessero risolvere in una riduzione di 75 poltrone: da 88 a 13. Purtroppo, le società partecipate hanno registrato grandi perdite. Da quando la nuova giunta è arrivata, otto mesi fa, ha dovuto sborsare 50 milioni per tappare i loro buchi. Le partecipazioni dirette e indirette, in società di capitali, sono 103, cui si devono aggiungere agenzie ed altri enti, arrivando a 7.361 dipendenti. Insomma, il doppio, rispetto a quello del personale in forza alla stessa Regione, pari a 3.613 unità: il rapporto con gli abitanti è superiore del 91%, contrariamente ai 3.371 impiegati della Lombardia. Si è arrivati a questa cifra, facilmente. Basta ricordare il caso di Lazioambiente, società creata nel 2011, con l'intento di riassumere i 487 dipendenti di un gruppo di società ambientali fallite, che facevano capo a una cinquantina di comuni laziali. Sono stati spesi 20 milioni.
A ciò si aggiungono le perdite su cui ha acceso il faro la Corte dei conti. Ad esempio i 10,3 milioni di rosso accumulati nel solo 2012, dall’Azienda strade Lazio, cui si sommano i 400 mila di Autostrade per il Lazio. Oppure, l’emorragia di 71.120 euro al giorno, dell’azienda di trasporto Cotral, che a fine 2012, aveva un patrimonio netto negativo per 15 milioni. Per non parlare della voragine dell’Arsial, l’agenzia agricola regionale, commissariata da mesi, con 17 milioni di debiti.
Il vero problema è rappresentato dallo Sviluppo Lazio. Ci sono 76 pacchetti azionari, fra cui quello di Banca impresa Lazio (Bil), costituita anni fa, per garantire prestiti concessi alle piccole imprese, dalle quattro banche che ne sono anche azioniste di minoranza: Intesa, Unicredit, Bnl e Banca di credito cooperativo. Un lavoro simile a quello che dovrebbe svolgere Unionfidi Lazio. Una duplicazione assurda. Nell’estate 2012, gli ispettori di Bankitalia hanno indagato sulla Bil. La spesa media procapite per il personale è doppia rispetto ai concorrenti. Infatti, i dirigenti sono il 73,6% del totale e ogni pratica costa sei volte il prezzo di mercato. Di conseguenza, ciascun dipendente lavora 29 pratiche l’anno, contro 120.
Tuttavia, c’è anche la Filas, la finanziaria «di sviluppo», che ha 47 soci, anche se 3, sono in società pubbliche. Altri 5, sono in liquidazione o concordato preventivo, mentre ben 12 sono falliti. 7, invece, non hanno nemmeno sede nella regione o svolgono attività fuori dai confini regionali. Nell’arcipelago dei soci privati della finanziaria, non mancano nomi di un certo spessore. Si tratta dell’attuale amministratore delegato di Atac, Danilo Broggi, titolare del 24% della società di ricerca KA4, di cui la Regione ha il 13%.