Grillo non nasce oggi, non è stato annunciato da una cometa e, bontà sua, non sarà un salvatore né della patria né dei patrioti. Le urla di chi insulta, di chi incita all'odio per paura o per rivalsa, sono la deriva fallimentare della politica che ci ha preceduto. Grillo è uno dei tanti effetti collaterali dell'incapacità altrui, una palese incapacità cresciuta nell'indifferenza e che ha oggi le sembianze di un Frankenstein delle disperazioni, delle frustrazioni, delle rabbie, delle ingiustizie e delle delusioni accumulate. Insopportabili malesseri che abili mercanti hanno sfacciatamente coltivato sulla nostra pelle ed hanno mostrato con colpi di teatro efficaci ad esaltarne l'insostenibile crudezza. Una pelle prima fertile ora dura ed arida, assetata di rivalse, di stravolgimenti repentini che sotterrino il lordume e che irrighino gli istinti. I post di Grillo, le parabole di tanti assopiti quanto intransigenti fedeli, sono il risultato di un lungo processo digestivo, anni di nasi turati ad ingurgitare rospi amari e maleodoranti. Anni passati ad assecondare e compiacere una politica che, come una grossa vacca ingorda, ruminava tutto il disponibile e si ingozzava di superfluo. L'icona di Grillo non è la risposta, non è la speranza, è sequenzialmente il prodotto dell'enorme inflazione dei pasti luculliani a cui abbiamo assuefatto i nostri intestini. Speriamo che questo concime organico non sia talmente acido da bruciare irrimediabilmente quel poco terreno rimasto ancora fertile. Fischiettando "Via del Campo" di Faber, pensiamo a come liberare i fiori dalla gramigna.