Il reggente che dà spazio ad un reggente.
Maurizio Martina va ad occupare (pro tempore) lo spazio lasciato vacante da Matteo Renzi alla guida del Pd. E, a sua volta, lascia vacante un altro posto, quello da cui proviene: il ministero delle Politiche agricole. Lo occuperà, anche in questo caso pro tempore, il premier Gentiloni. Nell’attesa, com’è ovvio, che un nuovo governo, espressione più conforme ai risultati delle ultime elezioni, possa insediarsi.
La decisione di Martina è stata ufficializzata da lui stesso questa sera nel corso del suo intervento alla trasmissione Porta a porta di Raiuno. “Da questo pomeriggio – ha dichiarato – non sono più ministro, per rispetto del ruolo istituzionale che ho ricoperto fino a qui e del ruolo che sono chiamato a svolgere”. Niente concentrazione di cariche, dunque: forse un primo segnale di discontinuità con Renzi. Almeno quello del massimo fulgore.
Proprio grazie a Renzi Martina era riuscito ad arrivare alla massima poltrona di via Venti settembre – anche il ministero dell’Agricoltura, infatti, come quello dell’Economia, si trova lì – e quindi a guadagnare il suo primo ministero. Era il 22 febbraio 2014. Prima (governo Letta), era stato sottosegretario sempre alle Politiche agricole. Non è casuale che, in ambito governativo, si sia speso in tale area di competenza: anzi, è assolutamente coerente con la sua formazione.
Non bisogna dimenticare, infatti, che l’esponente democratico nativo di Calcinate (BS), prima ancora che dottore in Scienze politiche, è un perito agrario, e dal 2009 ricopriva l’incarico di responsabile per le politiche agricole del Pd. Quindi, in un certo senso, la sua promozione a ministro si può legittimamente definire meritocratica. Lo conferma anche la pagella: in quattro anni, una serie di provvedimenti importanti, frutto di un lavoro fattivo ma portato avanti con toni discreti. Ricordiamo la legge contro il caporalato e il piano “Campolibero” per incrementare l’occupazione giovanile in agricoltura,
Più rispettosa di un percorso gerarchico appare, invece, l’ascesa di Martina al timone del suo partito. Fino a ieri, infatti, sempre per designazione di Renzi, egli ne era vicesegretario.
A lui spetta ora il compito di traghettare il Pd all’assemblea di aprile. Arare e seminare il campo per gettare le premesse di un miglior raccolto.