Ritorno al proporzionale?
Sarebbe la fine, negli atti e nei fatti, della Seconda Repubblica e il ritorno alla Prima, con tanti cari saluti a più di vent’anni di lotte e sperimentazioni bipolariste e maggioritarie. Eppure se ne sente parlare spesso, nei salotti televisivi e sulle colonne dei giornali, e non certo perché si sia in vena di far satira: in fin dei conti, proporzionale è stata un po’ tutta l’atmosfera della legislatura iniziata nel 2013, la XVII, dominata dal tema della coalizione allargata centrosinistra-centrodestra. Un’analogia in più è rappresentata proprio dal fenomeno dei Cinque Stelle, forti a livello locale e fieri della loro “diversità politica” in Parlamento: non vi ricordano un vecchio partito che, proprio negli anni del consociativismo più granitico, affascinava le masse?
In effetti di Terza Repubblica e di Italicum (l’avveniristica legge elettorale che avrebbe introdotto il ballottaggio a livello parlamentare e governativo) non si parla ormai più, i più audaci, al massimo, cercano di salvare la Seconda e di non riprecipitare troppo bruscamente nel passato. Come? Ripristinando quel testo di regolamentazione delle elezioni che, prima del Porcellum, aveva favorito un’impeccabile alternanza di governo tra coalizioni di sinistra e coalizioni di centrodestra: parliamo del Mattarellum, la legge elettorale che prende il nome dall’attuale presidente della Repubblica, che la ideò nel ’93.
Mattarelliana è oggi la stragrande maggioranza del Pd. Per alcuni potrebbe anche non essere una novità: mattarelliano il partito lo è sempre stato, a partire dal suo ex segretario; e talmente tanto da spingere letteralmente Sergio Mattarella dalle aule dei giudici che sono presidio togato della Costituzione alle stanze del Quirinale. Ma adesso, in questo particolare frangente, i democratici si riscoprono mattarelliani anche sul piano elettorale.
Così, nonostante il no di Forza Italia e Alternativa Popolare (ex Ncd) a destra (entrambe queste formazioni politiche sono proporzionaliste) e del Movimento dei Democratici e Progressisti a sinistra (che in realtà era stato mattarelliano almeno fino alla scissione), il Pd si ostina ad andare avanti col suo progetto elettorale in Commissione Affari Costituzionali della Camera. Ed è talmente determinato da chiedere che il testo sia calendarizzato in aula entro aprile. È quanto annuncia ai cronisti il capogruppo dei dem a Montecitorio, Ettore Rosato, che affonda il dito nelle contraddizioni interne al nuovo gruppo di Bersani e Speranza.
“Bersani ha dichiarato che è un’ottima legge (il Mattarellum, ndc), quindi facciano sintesi tra le proprie posizioni”, annota Rosato. Gli argomenti razionali messi in campo dall’ala Mdp meno dialoghista sul tema del Mattarellum per contrastare tale legge sono ben sintetizzati dall’intervento in Commissione Affari Costituzionali di Alfredo D’Attorre: per il politico melfitano semplicemente non ci sarebbero i numeri in Parlamento per farla passare. In particolare, osserva D’Attorre, anche se venisse approvato alla Camera, non supererebbe lo scoglio di Palazzo Madama: "Far passare il Mattarellum alla Camera con un voto a stretta maggioranza, sapendo che poi affonderà al Senato, significherebbe mettere la legge elettorale su un binario morto. Allora sarebbe più onesto dire 'non vogliamo fare la legge elettorale'' ".
Appuntamento a domani a Montecitorio alle 14.30, con la Conferenza dei capigruppo della Camera in cui si deciderà la strada da seguire nei prossimi mesi.