“Fermati: prima il Paese, poi il partito, poi le esigenze di ciascuno”. L’appello a Matteo Renzi arriva direttamente da Pierluigi Bersani forse in un ultimo, estremo, tentativo di evitare la scissione nel Pd che nelle ultime ore sembrerebbe prendere sempre più piede dopo l’annuncio di Renzi della convention di Marzo al Lingotto di Torino che è parsa come un ulteriore ceffone dato alla minoranza interna e la seguente risposta di Michele Emiliano, Enrico Rossi e Roberto Speranza i quali in pratica avrebbero sottoscritto una specie di patto a tre per staccarsi dal Partito Democratico e dare vita a un nuovo soggetto politico alla sua sinistra.
“Questo criterio, per me e per tanti, e spero per tutti noi, - scrive Bersani all’Huffington Post - è la base stessa della politica. Se noi non teniamo ferma questa sequenza, non siamo più il Pd. Mi sono dunque rivolto e mi rivolgo a tutti quelli che hanno buon senso. Al segretario e a tutti coloro che lo hanno sostenuto dico: non date seguito alle infauste conclusioni dell'ultima direzione. Fermatevi". L’ex segretario poi ribadisce la sua road map: “Se consentissimo l'ordinario svolgimento delle cose - sostiene - non mancherebbe la possibilità di questa radicale e ineludibile discussione. Abbiamo una maggioranza e un governo che possono e devono operare fino al 2018, col tempo dunque di correggere le cose che non hanno funzionato. La data ordinaria e statutaria del Congresso (da giugno all'autunno) può consentire un percorso che si avvii con una discussione comune che ridefinisca il perimetro e i muri della nostra casa, i cardini essenziali della nostra proposta prima di passare alla sfida tra i candidati. Serve dunque, prima del vero e proprio confronto congressuale, una riflessione fondativa che definisca il profilo del Pd di fronte alle sfide nuove, un passaggio da costruire con un lavoro unitario”.
Ma la tensione nel Partito Democratico in vista dell’assemblea nazionale di domenica a Roma continua a rimanere alle stelle. In particolare fa discutere la presa di posizione del ministro della Giustizia Andrea Orlando che non ha votato l'ordine del giorno della maggioranza lunedì scorso chiedendo non il congresso subito ma una conferenza programmatica del partito. Mentre Emiliano è tornato a gettare sul tavolo di gioco il carico da 11 affermando che se “Renzi non si ferma la scissione e nei fatti ormai” e aggiungendo un secondo dopo che a suo giudizio l’epoca della rottamazione è finita “ora - ha aggiunto - bisogna costruire e Renzi non è persona adatta a costruire. Se vogliamo stare insieme proviamo a capire quale può essere il minimo e il massimo e il comune denominatore che ci tiene insieme”. Intanto Giuliano Pisapia, dopo l’incontro con Matteo Renzi, conferma il percorso autonomo di “Campo Progressista” la nuova formazione politica presentata qualche giorno fa a Milano.