Previsioni ampiamente rispettate e ultimi comizi al fulmicotone prima del silenzio elettorale di sabato che dovrebbe servire a sciogliere tutti i dubbi tra favorevoli e contrari alla riforma costituzionale targata Maria Elena Boschi, ma soprattutto far prendere una posizione al partito degli indecisi che mai come in questa occasione risultare determinante per la vittoria di uno dei due schieramenti.
Così ieri pomeriggio in Piazza San Carlo a Torino Beppe Grillo ha concluso la campagna del Movimento Cinque Stelle con la tappa finale del “Trenotour per il ‘No’” che ha percorso oltre seimila chilometri toccando 47 città, tante quanti gli articoli della Costituzione modificati dalla riforma. Sul palco insieme a il sindaco torinese Chiara Appendino e, direttamente da Roma, Virginia Raggi insieme ai principali big pentastellati: da Luigi Di Maio ad Alessandro Di Battista, passando per Vito Crimi e Roberto Fico. Molti i momenti di musica e ricordo dedicati in particolare a Gianroberto Casaleggio e al Nobel per la letteratura Dario Fo. “Siamo un paese spaccato – ha detto con foga Grillo - sia che si vinca sia che si perda. Siamo alla stasi mentale, è una situazione da guardare dal punto di vista neuro gastrologico”. “Devi reagire qui, devi reagire qui", ha poi aggiunto il comico battendosi il pugno sullo stomaco. “I Cinque Stelle sono un movimento da esperimento, siamo alla prima fase. I ragazzi mi imitano, gridano, fanno, perché siamo passione totale. E dobbiamo andare avanti, andare avanti con le nostre idee come il diritto di cittadinanza che potrebbe anche essere universale. Il problema è far smettere di usare le idee vecchie, che purtroppo resistono. Si stanno equipaggiando per un mondo che non sarà più. Per noi è una questione di passione, di cuore. Io ogni volta che salgo sul palco vi sento qui, nella pancia nel cuore”.
Nessuna presenza in piazza per Silvio Berlusconi che come anticipato ha affidato l’appello conclusivo della campagna elettorale alle telecamere di Mattino 5 invitando a votare “No” per evitare “che in questo Paese possa instaurarsi una dittatura della sinistra. Il pericolo, secondo il fondatore di Forza Italia, starebbe nel vincolo che lega la riforma costituzionale al sistema elettorale. “Se le elezioni le vincesse il Partito Democratico – ha aggiunto – ci troveremmo in una situazione che non potremmo che definire regime perché Renzi, già padrone del suo partito, sarebbe anche padrone del Governo, del Senato, della Camera, potrebbe scegliere il Capo dello Stato e gli altri organi di garanzia come la corte costituzionale”. Ma Berlusconi ha rinnovato anche l’offerta di dialogo a tutte le forze politiche il giorno dopo il referendum ma questa volta in forma condivisa.
Convinto che quello degli italiani sarà comunque un “No” è il segretario nazionale della Lega Matteo Salvini, andato pesantemente all’attacco sul voto degli italiani all’estero. “Penso che nei consolati e nelle ambasciate ne siano successe di cotte e di crude – ha detto beffardo -. Ma conto sul fatto che il voto dei romani, dei milanesi, dei torinesi o dei napoletani, sarà un voto per il No che supererà anche gli eventuali Sì inventati e comprati da Renzi in giro per il mondo. Non sono preoccupato”. Infine Sinistra Italiana per la quale il No non è un salto nel buio: “Votare No – spiega Nicola Fratoianni – significa difendere la nostra costituzione, la democrazia, la possibilità di scegliere, di dire la propria sulle grandi questioni della vita di tutti i giorni”.