Gli italiani dovrebbero votare no al referendum perché non è quella costituzionale la riforma di cui l'Italia ha bisogno. E' la tesi sostenuta dall'Economist in un lungo editoriale nel quale torna ad occuparsi sulle vicende politiche del nostro Paese come già fece ai tempi del governo Berlusconi criticando fortemente la politica economica dell’allora esecutivo di centrodestra.
Renzi “ha sprecato quasi due anni ad armeggiare con la Costituzione. Prima l'Italia torna ad occuparsi delle riforme vere meglio è per tutta l'Europa”, sostiene il prestigioso settimanale britannico. Riforme che sono “quelle strutturali, dalla giustizia all'istruzione". Ma l’Economist non si ferma qui e dopo aver sottolineato che la riforma costituzionale "non si occupa del principale problema dell'Italia: la riluttanza a riformare”, entra pesantemente a gamba tesa su uno dei tempi più spinosi dell’aspro dibattito referendario evidenziando che “nel tentativo di porre fine all'instabilità che ha portato 65 governi in Italia dal 1945 introduce la figura dell'uomo forte.
E questo nel Paese che ha prodotto Benito Mussolini e Silvio Berlusconi ed è vulnerabile rispetto al populismo”. Durissima la conclusione del settimanale che non vedrebbe in caso di vittoria del ‘No’ “la catastrofe che tanti in Europa temono. L'Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnico, come ha fatto tante volte in passato. Se, invece, la sconfitta ad un referendum dovesse innescare il crollo dell'euro, allora vorrebbe dire che la moneta unica era così fragile che la sua distruzione era solo una questione di tempo”.
Altrettanto dura la replica del Premier che non ci sta e liquida così il giudizio perlomeno avventuroso del settimanale inglese: "Tutti sanno che se al referendum vince il “Si” si aprirà una battaglia in Europa sui dossier più caldi, mentre se vince il “No” ci sarà una nuova soluzione alla Monti e nessuno fiaterà a Bruxelles. Ma noi non ci staremo mai e reagiremo all'Europa che vi vuole più deboli”.