Varese, nel cuore dell'ex roccaforte leghista, lasciate alle spalle le contestazioni in occasione della tappa bresciana poche ore prima, affiancata dal capogruppo regionale Pd Alessandro Alfieri e dal sindaco Davide Galimberti, la Boschi ha chiamato tutti a “personalizzare il referendum” e a farne “la propria sfida”: “A Varese pochi mesi fa siete stati straordinari, avete mandato un segnale forte a tutta Italia con la vostra campagna porta a porta, costante, che è riuscita nell'impresa di strappare alla Lega una città che amministravano da 20 anni”. “Mancano tre settimane al voto, siate educatamente molesti – ha continuato il ministro – parlate con i vostri vicini, con i colleghi, con le persone in fila al supermercato. Telefonate ai contatti delle vostre rubriche, invitate gli amici per una pizza e parlate del referendum, invitateli a votare e a fugare i loro dubbi”.
Una forma di soft stalking che, se al popolo del Sì potrà costare qualche amicizia, si spera possa portare all'approvazione della riforma e risollevare i dati dei sondaggi da qui al 4 dicembre. Come annunciato dal premier Renzi, la campagna del sì non passa (solo) dalle piazze reali e quelle virtuali di Twitter o Facebook ma dal porta a porta, dallo sponsor da un'attività di propaganda tanto capillare da far invidia ai partiti Prima Repubblica. Si è parlato, certo, anche dei contenuti della riforma, non solo della sua pubblicità, e qui non ci sono state sorprese nella narrazione cui i volti del Pd hanno abituato. La riforma serve per un Paese “più bello, più vivibile, più efficace e più efficiente”, per dirla con le parole della giovane consigliere comunale di Gallarate Anna Zambon in apertura dell'appuntamento.
Oggi “non serve più la funzione ritardante del bicameralismo, che rallenta le decisioni per far riflettere ed evitare derive autoritarie. Oggi si deve andare veloci”, ha spiegato Alfieri. “Lo sportivo si alza la mattina e deve correre, se sta fermo ha già perso. Il mondo sta correndo, non restiamo indietro” ha aggiunto l'ex canottiere ora amministratore varesino Elia Luini. Ma “nessuna bacchetta magica” ha precisato la Boschi: “Se vince il Sì, il giorno dopo non ci sveglieremo in un Paese senza problemi, dove tutto funziona. La riforma è una cassetta degli attrezzi che dà a chi governa gli strumenti per operare al meglio per il bene del Paese. Per uniformare le regole e non costringere l'autotrasportatore a chiedere un'autorizzazione diversa per attraversare ogni regione, per semplificare le regole per gli imprenditori e i cittadini, per non fare attendere anni per una legge che risolva i problemi, anni in cui non è il Parlamento a bloccarsi ma la vita degli italiani”.
E da quella che fino a giugno era la città leghista per antonomasia, non poteva non partire dalla Boschi un attacco a quelle forze del centrodestra che nelle stesse ore diffondevano la voce del No nella sua Firenze: “Se vince il No non è una tragedia, Però poi non ci si lamenti se i problemi non si risolvono, le lo Stato è lento, se c'è troppa burocrazia. Quando si parla in campagna elettorale di tagli dei costi della politica e del numero dei parlamentari bisogna poi avere l'onestà di farlo. Noi lo abbiamo fatto. La foto di chi chiede di votare No è significativa: in 40 anni non sono riusciti a mettersi d'accordo su nulla se non nella lotta contro qualcuno. Questa per loro è l'ultima chiamata. Qualcuno ha anche cercato di far modificare il quesito che gli elettori troveranno sulle schede, un quesito semplice, chiaro e veritiero. Troppo per chi lo critica, che invece preferirebbe renderlo più complicato e ricco di riferimenti e commi”. “Vi chiedo una mano – ha concluso la ministra, davanti ai simpatizzanti e ai sindaci, civici e del Pd, seduti davanti a lei insieme ai parlamentari del territorio – Vinciamo la pigrizia del “tocca a qualcun altro”, per votare ci vogliono 5 minuti. Cinque minuti per decidere il cambiamento del Paese per i prossimi 50 anni”.