L’economia e i sacrifici degli italiani – dichiara Lino Ricchiuti presidente nazionale del movimento Popolo Partite Iva - da soli non salveranno il Paese. Non possono farlo. Il Paese si salverà solo se assieme alla ripresa di politiche economiche volte all’interesse nazionale la Magistratura colpirà, Costituzione e codice penale alla mano, quel potere finanziario costituito che ci ha portato in questo incubo, recuperando da essi il maltolto con quegli strumenti giuridici che l’azione penale consente. Dobbiamo riprenderci quel tessuto produttivo che ci è stato sottratto con azioni criminali. Nel 2011 l’Italia subì un colpo di Stato. Il governo capeggiato da Silvio Berlusconi, non convinto di percorrere la via dell’austerità, parlò di uscita del nostro Paese dall’euro, e la finanza immediatamente passo all’attacco sostituendo Berlusconi con un proprio governo, quello di Mario Monti , complice uno spread arrivato a oltre 500 punti , ma preceduto da parte della Deutsche Bank di una massiccia vendita, per 7 miliardi di euro circa, di titoli di Stato italiani avvenuta nel primo semestre 2011. Qui il punto non è difendere o meno Berlusconi, che dopo aver subito tutto questo, per bieca convenienza, si alleò con chi lo aveva deposto votando un atto eversivo come il pareggio in bilancio in Costituzione. Il pareggio in bilancio rappresenta, infatti, la resa dell’Italia alla dominazione straniera, impedendo al Paese il libero esercizio della propria sovranità economica con violazione evidente dei principi fondamentali della Costituzione (artt. 1-11).
Sosteniamo questa Procura coraggiosa che può fare il primo passo per fare chiarezza su chi ha lavorato , in maniera fraudolenta , perseguendo lo smantellamento della sovranità e dell’indipendenza nazionale. Ruggiero da speranza a tutto il Paese – conclude Ricchiuti - e noi non dobbiamo lasciarlo solo.
A corredo delle dichiarazioni di Ricchiuti , riportiamo la tabella estratta dal bilancio di Deutsche Bank del periodo gennaio-giugno 2011, sotto riportata, mostra che l'esposizione netta verso il rischio sovrano dell'Italia (la terza colonna da sinistra, alla voce "Italy") era scesa a 996 milioni nel corso del primo semestre di quell'anno, contro gli oltre 8 miliardi della fine del 2010 (la penultima colonna).