“Sedici milioni di voti contro Renzi.”
E chi se ne importa del quorum non raggiunto, in buona sostanza. Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, sembra quasi voler suggerire che il risultato del referendum di domenica scorsa, nel momento stesso in cui ha salvato, al largo delle coste italiche, un certo numero di trivelle per l’estrazione del petrolio, è stato anche una “trivellazione” piuttosto dolorosa del consenso popolare nei confronti del premier, che definisce “spocchioso”.
Ma il 17 aprile è già una pagina trascorsa. L’economista azzurro, berlusconiano di ferro, proietta già il suo pensiero (e le sue aspettative anti-Renzi) al voto del referendum costituzionale, in programma il prossimo mese di ottobre. Un’altra occasione (occasionissima, si potrebbe dire) per ricompattare il fronte politico miso-renziano e l’elettorato miso-renziano. La memoria brunettiana si volge subito alla consultazione referendaria che, nel 2006, abrogò la riforma costituzionale varata dal governo Berlusconi. “In quell’occasione – ricorda il capogruppo - 25 e 26 giugno 2006, parteciparono al voto poco più di 26 milioni di aventi diritto, il 52,46% del corpo elettorale. Vinse il ‘no’ con 15.783.269 voti (il 61,29%), mentre i ‘sì’ raccolsero 9.970.513 preferenze (il 38,71%).”
“Al referendum – prosegue Brunetta - sulle trivelle hanno votato (risultato finale delle ore 23) 15.806.788, pari al 31,19%: praticamente lo stesso numero di elettori che nel 2006 disse ‘no’ alla riforma Berlusconi.”
“Abbiamo uno zoccolo duro di quasi 16 milioni di cittadini, tutti potenziali voti contro Renzi al referendum costituzionale, quello della vita per il segretario-premier (per un risultato simile a quello del 2006, vale a dire un 60% di ‘no’ e un 40% di ‘sì’). Si parte da qui, da questa partecipazione, da questa disobbedienza, per costruire la vittoria del ‘no’ ad ottobre. Renzi ha conseguito dunque una vittoria di Pirro, e ha davvero poco da stare sereno.”
Per il presidente del Consiglio, intanto, il paese deve essere “messo nella condizione di superare la guerra civile ideologica”: se quella a cui allude è la guerra tra renziani e antirenziani, non è che un secondo capitolo, aggiornato ai tempi, della lotta feroce che ha contrapposto per quasi vent’anni i berlusconiani e gli antiberlusconiani. Da questo punto di vista, perciò, si metta l’anima in pace chi ha visto con l’ascesa di Renzi al governo l’inizio della III Repubblica: l’età renziana si pone in realtà ancora nel pieno della II, che è nata, si e sviluppata e, soprattutto, sta proseguendo nel segno del bellum civile.