Nuova costituzione dell’era renziana: ultimo atto a Montecitorio.
Anzi, il penultimo, perché ci sarà ancora un voto della Camera, congiunto con quello del Senato, sul testo che, però, a quel punto (parliamo di aprile) non potrà più ricevere ulteriori modifiche. Diciamo, allora, che questo è l’ultimo passaggio parlamentare del ddl Boschi nella modalità doppia lettura conforme. E il primo tempo è vinto (il secondo si “disputerà” a Palazzo Madama il 20 gennaio prossimo).
Nel tardo pomeriggio di ieri, lunedì 11 gennaio, l’aula dei deputati si è infatti espressa a favore dell’ambiziosa riforma dell’ordinamento della Repubblica, con questi numeri: 367 voti positivi (si tratta com’è ovvio di quelli della maggioranza di centrosinistra e dei verdiniani di Ala), 194 contrari e 5 astenuti. La sessione è stata condita dall’immancabile protesta spettacolare dei pentastellati: tricolori alzati quasi a voler simboleggiare il loro ruolo di nuovi partigiani in difesa della Patria.
La riforma, com’è ormai noto, prevede la “rottamazione” del bicameralismo perfetto, cioè del canone su cui si è poggiata per quasi settant’anni la nostra Repubblica: essa avrà come conseguenza un baricentro delle responsabilità legislative interamente spostato su Montecitorio, e inoltre la trasformazione del Senato in un forum permanente tra Stato ed Enti locali. Alle accuse di presidenzialismo lanciate dall’opposizione il governo e la maggioranza replicano prospettando una proficua velocizzazione dei tempi di legislazione.
I prossimi step: lettura del Senato il 20 gennaio, voto finale del Parlamento ad aprile e, infine, il referendum confermativo, appuntamento-clou dell’autunno. Che sarà caldo, ma nello stesso tempo farà tremare i polsi.