Da un paio d'anni Giorgio Albertazzi sta girando i teatri d'Italia con una delle più grandi opere di William Shakespeare: "Il mercante di venezia". Lo spettacolo è prodotto da Ghione Produzioni e la consulenza musicale è di Davide Cavuti. L’attore toscano interpreta Shylock, il ricco e cinico ebreo che presta tremila ducati al mercante Antonio, a condizione di riaverli entro tre mesi pena la consegna di una libbra di carne viva. Il mercante è impersonato da Franco Castellano.
Vera e propria icona dei palcoscenici nazionali, Albertazzi giganteggia nella commedia in cui i temi del denaro, della religione e del potere si intrecciano alle vicende amorose di tre ragazzi. L’opera mostra un Albertazzi freddo e spietato, caparbio nella prima parte dell’opera, assetato di riscatto verso una città che lo tiene ai margini e diviene fragile poi, quasi indifeso, vessato dalla comunità cristiana.
Spiega il regista Giancarlo Marinelli: "Ho visto e soprattutto letto la riduzione (o forse l’ampliamento, o forse la perizia poetico ermeneutica) firmata da Giorgio Albertazzi, e mi sono bastate poche parole per risolvere il mistero: “Dovrebbe essere giorno secondo lo schema spazio-tempo, invece per noi è sera. Diciamo tramonto”, scrive Albertazzi. Giorgio Albertazzi ha fatto del Mercante un perfetto ibrido che sembra ora scritto da Strindberg e ora da Sartre, passando per la lussuria di Baffo e per i giocosi azzardi di Goldoni. Ha subito capito, fin dai vagiti della luce, che qui l’alba e il mattino (sommariamente intesi come il primordio della vita e quindi la giovinezza), e il tramonto e la sera (da considerarsi come tenebra, come male: come Shylock), sono di fatto non distinguibili: è come se i giovani veneziani e il vecchio ebreo siano cerchi nell’acqua creati dallo stesso sasso, riflessi specchianti dello stesso corpo, della stessa vita. Shylock è l’uomo più bello e più giovane che io conosca. È Giorgio Albertazzi".