Ecco il giudizio sulle canzoni delle nuove proposte del giornalista di Donna Moderna Gianluca Ferraris.
Marianne Mirage, Le canzoni fanno male. Il lessico del suo brano è comprensibile nonostante l'abbia scritto Francesco dei Baustelle. Le sonorità sono più jazz che rock. Anche se ha tatuato ZZZ sul polso destro, Marianne non fa addormentare: è brava e grintosa. E anche la canzone non è malaccio. Che dire del look? Il tailleur pantalone con spacchetto fa molto manager della Silicon Valley e la rende aggressiva il giusto. Voto complessivo: 7,5. Almeno per me. La giuria invece la fa subito fuori, tra i fischi del pubblico.
Francesco Guasti, Universo. Ex semifinalista giovane nel 2016, ex Voice of Italy dove cantava per il team Pelù, qui sembra più affine a Zucchero. Il vino invecchiato che dichiara di bere nella prima strofa lo avrei voluto anche io per reggere l'intera serata. Il brano è cantautorale, forse non indimenticabile ma molto sanremese, esattamente come la posa un po' nerd e un po' figlio di Mogol. Il ritornello ammicca ai trentenni e funziona, l'estensione vocale un po' meno. Voto complessivo: 6. Resta in gara.
Braschi, Nel mare ci sono i coccodrilli. Ignoriamo perché si presenti al Festival esibendo solo il cognome (il nome è Francesco), fatichiamo anche un po' a capire perché piazzi una base dance sotto a un testo che parla di migranti. A parte questo, pensavo che la t shirt sotto il gessato fosse illegale dal 1997. E che i parolieri alla Battiato si fossero estinti. Voto complessivo: 5. Condiviso evidentemente dalla giuria che lo lascia fuori insieme a Marianne.
Leonardo Lamacchia, Ciò che resta. Stilisticamente sembra il Max Gazzé di 20 anni fa. La canzone a tratti pare melensa, ma in definitiva regge. Tocco di classe: il gomitolo nel taschino. Va in finale insieme a Guasti e spopola anche online. Possibile vincitore. Voto complessivo: 6/7.
I big
Bianca Atzei, Ora esisti solo tu. «La gente ti perdona tutto tranne il talento», scrive Luca Ricci nella sua ultima raccolta di racconti I difetti fondamentali. Sembra un po' la stessa parabola vissuta dalla ragazza sarda, della quale in molti nei giorni scorsi hanno ricordato il ruolo di fidanzata di Max Biaggi e in pochi sottolineato le sue qualità . Che invece sono tante: Bianca è brava e la sua e la sua canzone, che parla di riconquiste, tiene su qualche ingenuità vocale. Look sobrio ma sexy (Marras è una garanzia). Voto complessivo: 6/7.
Marco Masini, Spostato di un secondo. In realtà spostato di tredici anni, quanti ne sono passati dalla sua ultima presenza vittoriosa all'Ariston. Ma in versione hipster sembra più giovane adesso. Ma essere un veterano del Festival infilato nella sagoma di un fotografo dei Navigli non basta a raggiungere la sufficienza. Specie se infila strofe trite e ritrite come «Ho scoperto che cadere fa male» e si concede anche due piccole stonature. Voto complessivo: 5.
Nesli & Alice Paba, Do retta a te. Lui è reduce dall’esibizione sorprendente di due anni fa, lei dal solito reality. Belli e bravi, ma probabilmente male assortiti. Forse il loro pezzo ascoltato in radio funzionerà di più, ma dal vivo gli acuti del ritornello somigliano un po’ troppo al latrare di un cane intorno al bidone dell’umido. Peccato perché su di loro avevo grandissime aspettative. Voto complessivo: 4,5.
Sergio Sylvestre, Con te. Il brano è scritto da Giorgia, e si vede. Lui, già vincitore ad Amici 2016, ha una presenza scenica pazzesca, e per gli scommettitori è il favorito di questa edizione, insieme a Fiorella Mannoia. Eppure la sua performance non decolla praticamente mai, e anche la canzone sembra debole. Mezzo punto in più per la tenerezza dell’espressione e per quelle rose così vintage appiccicate alla giacca, ma così non va. Voto complessivo: 5.
Gigi D'Alessio, La prima stella. Venti milioni di dischi venduti nel mondo e non sentirli. Look impeccabile ma canzone deboluccia che ha qualcosa di già sentito, e che il cantautore partenopeo guarnisce pure con una mezza stecca. Sulla parabola vissuta da Gigi negli ultimi dodici mesi Cechov avrebbe potuto scrivere pagine meravigliose. Voto complessivo: 5,5.
Michele Bravi, Il diario degli errori. Altro prodotto da reality (trinofò nella settima edizione di X Factor), si presenta in completo e sneakers ma il «ho guardato nell’abisso di un mattino senza alba» cantato a denti stretti vale da solo il prezzo del biglietto. L’emozione non gli tiene su il tono come dovrebbe, ma questa canzone in radio funzionerà alla grande. Voto complessivo: 6/7.
Paola Turci, Fatti bella per te. A portare sul palco il femminismo 2.0 è una delle veterane del Festival. Tutto ineccepibile: il sound, il testo che ostenta autodeterminazione fin dal titolo. E Paola è come il vino: migliora con gli anni. Una delle migliori di questa seconda serata. Voto complessivo: 7,5.
Gabbani, Occidentali's karma. Lui arriva dalla vittoria un po' a sorpresa conseguita lo scorso anno fra i giovani. Si presenta sul palco vestito come una comparsa di Noi ragazzi dello zoo di Berlino, e infatti dopo pochi istanti compare anche la scimmia. La canzone è un grandissimo boh, a mezza via fra il tormentone del villaggio vacanze e un Alan Sorrenti dei bei tempi. Voto complessivo: 4,5. Ma quel che conta è che Enzo Miccio pare avere apprezzato la coreografia.
Michele Zarrillo, Mani nelle mani. Disfunzioni sentimentali, testo adatto all’occasione: Zarrillo è un usato sicuro, come la Seicento del nonno che tiri fuori dal garage all’accorrenza e fa sempre la sua porca figura. Anche stavolta canta con passione e potenza, non stona mai e di questi tempi non è poco, anche se dovrebbe essere il minimo sindacale. Se sembra convincere meno del solito, dunque, forse è colpa della canzone. O del risvoltino a pois della giacca, vai a sapere. Voto complessivo: 6 meno meno.
Chiara, Nessun posto è casa mia. Aggraziata, elegante, un’interprete per tutte le stagioni, e badate bene che è un complimento, non una critica. È dimagrita, sta benissimo e ha una voce che mette i brividi: a un primissimo ascolto la canzone non sembra il massimo, ma già dal secondo inizia a funzionare. Possibile finalista. Voto complessivo: 7.
Raige & Giulia Luzi, Togliamoci la voglia. Lei a nove anni prendeva lezioni di canto. Lui è un autodidatta di periferia, caratteristica che emerge anche dalla scelta della giacca. Ma cantano bene e il brano funziona: ritmo, intensità , equa distribuzione sonora, ti entra in testa. Potrebbero essere una delle sorprese di questo Festival. Voto complessivo: 7.