Lo stato di forma dell’economia Usa è in miglioramento; un processo, questo, certificato sin dalla fine del 2014.
E un’economia in ripresa val bene un rialzo dei tassi: è quanto aveva annunciato Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, banca centrale statunitense, nel corso di una conferenza svoltasi all’Università del Massachusetts venerdì 25 settembre. Per un curioso caso del destino, pochi istanti dopo aver celebrato la ritrovata salute della sinergia trinitaria banche-investimenti-consumi, la Yellen è stata costretta ad aver a che fare con un brutto tiro mancino giocatole dalla sua salute.
Andiamo per ordine, prima i piani, poi la cronaca. Entro la fine del corrente anno, ha previsto la presidente Fed, si potrà assistere “ad un primo aumento del tasso sui Fed Funds (i fondi di riserva che le banche statunitensi sono obbligate a detenere presso la Federal Reserve sotto forma di depositi, ndr)”. Il passaggio saliente del suo intervento è stato, naturalmente, questo, ma in una relazione di quaranta pagine, con altrettante citazioni accademiche, trentaquattro note a fondo pagina, nove grafici e un’appendice, la Yellen non poteva non allargare anche il discorso, e dare quantomeno un assaggio illuminante della sua visione generale, nel breve-medio periodo, del rapporto tra crisi globale e comportamenti finanziari dello zio Sam bancario.
Prima di avere un malore (era appena arrivata all’ultima pagina del suo testo) ed essere costretta ad abbandonare il palco all’improvviso, la numero 1 della banca centrale di Washington ha fatto in tempo a trasmettere all’uditorio una valutazione che avrà il valore di una bussola per i prossimi mesi, e cioè che gli orientamenti delle politiche monetarie americane sono e saranno indipendenti dal rallentamento della crescita globale, ossia non se ne faranno influenzare. Poi, la parentesi ospedaliera, fortunatamente conclusasi in fretta e felicemente.