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Aspettando Moody's, cosa sposta il giudizio dell'agenzia di rating

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Ultime ore di attesa per il verdetto di Moody's. L'agenzia di rating si esprimerà sull'Italia e il giudizio peserà, e molto, sulla reputazione verso i mercati finanziari. E anche, politicamente, sia rispetto agli equilibri interni, nella maggioranza e nel confronto con l'opposizione, sia rispetto alle trattative in corso in Europa, dalla ratifica del Mes che ancora manca alla discussione per la riforma del Patto di stabilità.  

 

Un declassamento, con l'outlook che è già negativo e l'attuale valutazione (Baa3) appena sopra il livello junk, quell'etichetta 'spazzatura' che di fatto taglia fuori tutti gli investitori istituzionali dall'acquisto dei titoli di Stato, sarebbe un colpo duro. Perché lo spread salirebbe rapidamente e perché renderebbe il Paese molto più esposto alla speculazione e a qualsiasi nuovo shock esterno. 

 

Al contrario, una conferma del rating darebbe forza alle scelte caute fatte dal governo Meloni con la legge di Bilancio, rafforzando la percezione di una politica economica attenta all'esigenza di preservare la propria reputazione internazionale. Un segnale positivo rispetto ai rapporti tra FdI, Lega e Forza Italia, e alle pressioni che arrivano da chi vorrebbe scelte più aggressive e meno conservative. Sarebbe ovviamente anche un segnale positivo, guardando ai rapporti complicati con Bruxelles.  

 

Ogni agenzia di rating formula ovviamente i giudizi in base alla propria analisi. E Moody's si esprimerà in base ai dati e alle valutazioni che faranno i propri tecnici. Ma il fatto che tre agenzie di rating, S&P, Dbrs e Fitch, si siano già espresse per una conferma del rating e dell'outlook è una circostanza che spinge la maggior parte degli analisti a ipotizzare che anche l'ultimo verdetto possa essere in linea. Chi, al contrario, invita alla cautela si rifà all'ultimo giudizio emesso da Moody's sull'Italia. Dopo le elezioni, e la vittoria del centrodestra, l'avvertimento era stato chiaro: "Senza riforme, downgrade a junk inevitabile". Se di riforme, soprattutto quelle verso cui le agenzie di rating sono più sensibili, ce ne sono state ancora poche, è anche vero che il contesto internazionale è anche più complesso di allora e che le scelte caute di politica economica, e la collocazione internazionale coerente, giocano a favore del governo Meloni. (Di Fabio Insenga)  

 

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