Il pignoramento è regolato dal dl 203/2005, che ha introdotto l’articolo 72 bis del DPR 602/1973, in base al quale è prevista l’azione diretta sui crediti del debitore detenuti da terzi.
Nonostante alcune regole circa i pignoramenti di stipendi, conto correnti e pensioni ci sono ancora tanti dubbi e tante lacune che andrebbero a discapito del cittadino.
Tra i casi che ogni giorno ci vengono sottoposti quello di una signora assistita dalla nostra responsabile Confedercontribuenti Abruzzo avv. Maria Grazia Piccinini: - “su uno stipendio di 76 euro mensili sono stati trattenuti circa il 1/10 E’ una storia inverosimile ma ce ne sono tante ed in questo periodo di crisi è necessario intervenire”.
La legge dice che si opera il pignoramento degli stipendi: non oltre 1/10 per retribuzioni fino a 2.500 euro; in misura pari ad un settimo per importi da 2.501 a 5mila euro, mentre oltre i 5mila euro il pignoramento massimo è di un quinto. Per il conto corrente sul quale viene versato lo stipendio è pignorabile solo nella parte che eccede il triplo dell’assegno sociale (per il 2017 ammonta a 448,07 euro mensili) e per la pensione, è impignorabile la somma pari all’assegno sociale (per il 2017 ammonta a 448,07 euro mensili) aumentato di un mezzo: la parte in eccedenza rispetto a questa cifra può essere pignorata secondo le regole generali (fino a non oltre un decimo per debiti fino a 2.500 euro; in misura pari ad un settimo per debiti da 2.501 a 5 mila euro; oltre 5mila euro il pignoramento massimo è di un quinto).
“La regola dei pignoramenti è comunque poco chiara. C’è bisogno di equità tra contribuenti. Abbiamo un valore che viene stabilito dall’ISTAT che determina la soglia di povertà, pertanto sarebbe opportuno che come base per i pignoramenti si parta dalla quota eccedente di tale valore” - interviene il presidente nazionale di Confedercontribuenti Carmelo Finocchiaro.
La Commissione Europea già nel 2008 con Raccomandazione nr. 867 ha ribadito la responsabilità degli Stati membri nella promozione e diritto fondamentale della persona a risorse e prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana.
“E’ necessario garantire il minimo vitale stabilito appunto dall’ISTAT in base all’età, all’area geografica e al nr dei componenti. Se per esempio il reddito minimo di sopravvivenza è fissato per 1500 euro ma il contribuente ne guadagna 1700 bisognerebbe prendere il famoso quinto dalle 200 euro in eccesso. Noi di Confedercontribuenti utilizzeremo comunque ogni forma e mezzo per far valere tale principio. Noi siamo convinti che molti dei contribuenti morosi lo siano non per volontà ma per impossibilità pertanto è necessario che si investa più nel lavoro e nelle imprese” – conclude Finocchiaro.