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Tassa Airbnb: "Se la legge resta saremo pronti a fare ricorso"

In vigore la nuova web tax, non amata dagli "Host"

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A breve, in vigore la nuova legge che impone un'imposta sugli affitti, introdotta dalla manovra di primavera.

Questa imposta trasforma gli Host, le persone ospitanti, in veri e propri albergatori. . "Vogliamo pagare le tasse e semplificare le operazioni al Fisco, ma non possiamo operare come sostituti d'imposta", spiega Matteo Stifanelli, Country manager di Airbnb Italia.

L'imposta speciale prevede il pagamento della cedolare secca del 21% per tutti gli affitti brevi, inferiori ai 30 giorni, stipulati da persone fisiche direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online come Booking e Airbnb, ad esempio. La nuova imposta andrà a sostituire quella dell'Irpef e e quella di registro che chi affitta è chiamato a pagare a fine anno con la dichiarazione dei redditi. I locatori che non si adegueranno, sottolinea l'Agenzia delle Entrate, incapperanno in una sanzione di oltre 2000 euro, mentre gli intermediari dovranno pagare una sanzione pari al 20% dell'ammontare non trattenuto a titolo di ritenuta operando come sostituto d'imposta.

Stifanelli spiega che gli Host sono pronti a pagare, ma che l'imposta è inadeguata, soprattutto per il peso sul Pil che Airbnb ha: lo dimostrerebbe l'ultimo rapporto pubblicato a metà maggio. "La community ha stimolato un impatto generato sul PIL in Italia di 4,1 miliardi di euro nel corso dell’ultimo anno, dato dalla somma dei guadagni degli host (621 milioni di euro) e delle spese dei viaggiatori presso realtà economiche locali durante il loro soggiorno (3,5 miliardi di euro)".

Il problema non è pagare l'imposta, “Il vero cambio di paradigma – spiega all’Agi, Stifanelli  - è la richiesta ai soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on-line, di trasmettere i dati relativi ai contratti conclusi e a operare in qualità di sostituti d’imposta”. Un'anomalia europea e mondiale, sottolineano dal colosso dell'home sharing. "Eravamo pronti a fare la nostra parte – continua Stifanelli - ma avevamo chiesto un confronto su modalità e tempistiche, e un modo per rispettare sia la normativa italiana che quella europea, ma tutto è ancora vago".

La nuova imposta costringe Airbnb, che fattura in Irlanda, ad avere una residenza fiscale in Italia. Ciò è contrario alla libertà di stabilimento che la Ue garantisce alle piattaforme digitali. 

"La manovra riguarda le locazioni brevi, le case vacanza e i bed and breakfast. Questi ultimi, anch'essi presenti su Airbnb, non sono soggetti a cedolare secca. Questo vorrebbe dire che dovremmo chiedere agli host come si regoleranno a fine anno con il loro commercialista. In che modo pagheranno le tasse. E non è raro che chi vuole affittare casa, provi a inserire un annuncio sulla nostra piattaforma solo per vedere come va, senza avere ancora un'idea precisa di come gestire l'attività sotto il profilo fiscale fino all'arrivo dei primi ospiti", spiega Stifanelli, che propone "almeno di uniformare tutte le attività e consentire la cedolare secca anche ai B&B.

Secondo Stifanelli, Airbnb non si è mai posto opposto del tutto alla tassa, ma ha rilanciato con una proposta ad hoc: "In diverse città, prime fra tutti Parigi, versiamo una tassa di soggiorno al comune. In pratica anziché farla versare all'host, lo facciamo noi. E sulla scia di questo esempio, avevamo proposto di dare mandato all’Agenzia delle Entrate per stipulare accordi direttamente con gli operativi (quindi con noi) per trovare una soluzione in cui non figuriamo però come sostituti di imposta".

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