Il nuovo rapporto dell’Osservatorio sul precariato dell'Inps, riferito al periodo gennaio-ottobre 2016, delinea un ennesimo quadro desolante sul mercato del lavoro italiano.
I nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato scendono del 32% rispetto al periodo gennaio-ottobre 2015 (da 1.535.768 a 1.043.555) ed anche le trasformazioni di contratti a termine in tempo indeterminato subiscono una flessione netta del 34,1% (da 390.444 a 257.197).
In controtendenza salgono i nuovi contratti a tempo determinato (+4,9%) e quelli di apprendistato (24,5%). Per questi ultimi, tuttavia, il rapporto dell'Inps registra un calo delle conversioni in contratti a tempo indeterminato segnando un -4,2% a dimostrazione del fatto che non sempre la formazione-lavoro è la via migliore per un posto sicuro.
Infine va sottolineato che, se da un lato il saldo tra le attivazioni e le cessazioni di tempi indeterminati nel 2016 è positivo (+61.640 unità), dall’altro la variazione è del 98% inferiore rispetto al 2015 quando il saldo fu di 588.039 unità. “Complessivamente – si legge nel rapporto - le assunzioni, sempre riferite ai soli datori di lavoro privati, nel periodo gennaio-ottobre 2016 sono risultate 4.833.000, con una riduzione di 347.000 unità rispetto al corrispondente periodo del 2015 (-6,7%)”.
Sulle cause della diminuzione dei contratti a tempo indeterminato è lo stesso Osservatorio a riconoscere che "il calo va considerato in relazione al forte incremento delle assunzioni a tempo indeterminato registrato nel 2015, anno in cui dette assunzioni potevano beneficiare dell’abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni. Analoghe considerazioni possono essere sviluppate per la contrazione del flusso di trasformazioni a tempo indeterminato (-34,4%)".
L’altro dato ancora più allarmante è la vera e propria esplosione dell’utilizzo dei voucher, detti anche “Buoni lavoro”, per il pagamento delle “prestazioni lavorative accessorie”. I voucher furono introdotti dalla riforma Biagi con l’intento (già allora da molti contestato) di far emergere il lavoro nero diffuso attraverso una minima regolamentazione di quelle prestazioni lavorative occasionali. Inizialmente i settori lavoratovi nei quali era possibile utilizzare i “Buoni lavoro” erano ridotti, ma con la Legge Fornero, e in ultimo il Jobs Act, le possibilità di utilizzo dei voucher sono state fino a coprire tutti i settori produttivi e commerciali.
I dati sull’emissione dei voucher in questi ultimi anni confermano i timori di chi ne aveva criticato l’istituzione. Lungi dall’essere stati uno strumento di emersione e regolamentazione del lavoro nero, i buoni emessi dall’Inps si sono trasformati in un mezzo di sfruttamento intensivo, nessuna stabilità occupazionale e nessun vincolo per il datore di lavoro. Di fatto, i voucher, hanno solo permesso ai datori di lavoro di “coprire” il lavoro nero attraverso una regolarizzazione che non comporta per loro nessun impegno.
Ma vediamone i numeri. “Nel periodo gennaio-ottobre 2016 - scrive l’Inps - sono stati venduti 121,5 milioni di voucher destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, del valore nominale di 10 euro, con un incremento, rispetto ai primi dieci mesi del 2015, pari al 32,3% (nei primi dieci mesi del 2015, la crescita dell’utilizzo dei voucher, rispetto al 2014, era stata pari al 67,6%)”. Rispetto al 2014 c’è un calo, ma siamo di fronte ad una platea di lavoratori “occasionali” o “accessori” enorme il cui unico elemento di certezza è la precarietà.
E poi bisogna chiedersi: ogni buono emesso quanto lavoro nero ha nascosto?