Quattro volte più alto del Pil.
È il ritmo con cui marcia l’assegnazione dei posti di lavoro nelle piccole e piccolissime imprese. Il dato, rilevato dall’Osservatorio Mercato del Lavoro del CNA (Confederazione Nazionale dell’artigianato e della Piccola Impresa), è la sommatoria di tutti i tipi di contratti attualmente spendibili nel mercato del lavoro, quelli a tempo determinato, a tempo indeterminato e anche quelli di apprendistato. Il campione analizzato dalla Confederazione è composta da circa 20.500 micro-imprese e piccole imprese.
Sembra proprio, quindi, che, almeno in questa dimensione, sia stato scongiurato il pericolo della cosiddetta “jobless recovery”: la situazione, cioè, in cui un Paese esce da una drammatica fase di recessione economica ma la sua conseguente ripresa, che sia di forte o di discreta intensità, non riesce a generare nuovi posti di lavoro. Anzi, come spiega il Sole 24 Ore, il tasso di disoccupazione tende ad aggravarsi, e questo a dispetto del fatto che il prodotto interno lordo abbia dato buoni segnali di crescita.
La causa, si legge sempre nella scheda online della “rosea” in tonalità carne (chiamiamo così Il Sole per distinguerlo dall’altro giornale rosa, La Gazzetta dello sport), sta nella scetticismo delle imprese sulla durata della ripresa: uno scetticismo che impedisce loro di “scommettere” su forza lavoro fresca, a tutto vantaggio di quella già presente, che però deve beccarsi ore di straordinario.