Oltre 140. Sono i raid condotti dalla Russia in Siria nelle ultime 48 ore. E non si è trattato di fatica andata a vuoto. Sono stati colpiti, infatti, più di quattrocentosettanta obiettivi programmati.
“Le forze aeree russe hanno completato 141 missioni ed eseguito 472 attacchi nelle province di Aleppo, Damasco, Idlib, Latakia, Hama, Homs, Raqqa e Dayzaz-Ror”, ha dichiarato il portavoce del ministero della Difesa, Igor Konashenkov.
I raid del Cremlino, lo ricordiamo, sono partiti il 30 settembre scorso in appoggio alle truppe dell’alleato Assad. In effetti, come si può facilmente evincere dalla “mappa” disegnata dall’elenco di Konashenkov, le zone colpite non sono solo quelle di pertinenza dell’Isis (Raqqa e dintorni), ma anche le roccheforti dei ribelli anti-Assad (Homs, Latakia, Hama). Sin dall’inizio – non è certo un mistero – l’intervento russo in Siria si è configurato proprio come un’operazione a doppia valenza: una campagna di forte ed efficace contrasto dell’avanzata dell’Isis, ma anche di soccorso in favore del governo di Damasco.
Mentre i cieli della Siria continuano ad essere lo spazio d’azione privilegiato della flotta aerea di Mosca, la Francia dal cuore ancora sanguinante per gli attacchi del 13 novembre scorso ha iniziato a dare la caccia all’Isis nell’altra “provincia” mediorientale del Califfato, l’Iraq, come riferisconio fonti della Difesa. Gli attacchi sono iniziati all’inizio della settimana.Il generale De Villers, capo di Stato maggiore interforze dell’esercito francese, ha reso noto che “dalla portaerei francese De Gaulle sono partiti i primi raid contro il Daesh (altro nome dell’Isis, ndr)”. I primi obiettivi da colpire (e già colpiti) sono stati localizzati nei pressi di “Ramadi e Mosul”.
Fin qui abbiamo descritto la campagna come si è svolta, al netto degli intoppi (a parte le critiche di una fetta della comunità internazionale). Ora tocca parlare degli inconvenienti sopravvenuti nelle ultime ore, e non da poco: un cacciabombardiere Su-24 russo, che sorvolava i cieli di Latakia, è stato abbattuto stamani dall'aviazione di Ankara. Latakia, infatti, si trova a non molta distanza dal confine con l'ex Stato ottomano. Secondo la Cnn turca, l’aereo della flotta del Cremlino aveva appena violato lo spazio aereo del Paese. In realtà gli aerei sarebbero stati due: uno, però, una volta che in cabina di guida erano giunti ben dieci avvertimenti nell'arco di cinque minuti, ha fatto marcia indietro, al contrario dell'altro che, quindi, ha dovuto subire le contromisure minacciate. Questa versione troverebbe la conferma da parte delle autorità Usa. L’ordine di abbattimento sarebbe arrivato dal premier Davutoglu. Tragica la sorte dei due piloti: riusciti a sopravvivere all’incidente paracadutandosi mentre il loro velivolo era in caduta verticale, sarebbero strati uccisi da ribelli turcomanni anti-Assad una volta toccato il suolo.
Preoccupante, per quelle che potrebbero essere le conseguenze nell’immediato, la reazione di Putin, che ha parlato di "vera e propria pugnalata alle spalle” da parte di .uno Stato storicamente non nemico della Russia, ma ormai "complice dei terroristi" (qualche tensione con la Turchia, in realtà, aveva cominciato ad acendersi dall'inizio della campagna anti-Isis). Gli fanno eco il portavoce del Cremlino, Peskov ("Incidente molto serio"), e il ministro della Difesa, Lavrov ("Atto ostile"). Il Cremlino ribadisce che il caccia abbattuto era nello spazio aereo siriano ("si è schiantato a 4 km all’interno del confine siriano", ha detto Putin), ed è convinto che a colpire l'apparecchio, a 6000 metri d'altezza, sia stato piuttosto un missile terra-aria.