Dopo il mail-gate di Hilary Clinton, il mail-gate della Cia.
Stavolta, però, non si tratta di liceità nell’uso di server, ma, dice la Cnn, di “semplice” hackeraggio: per di più ai danni di una casella di posta non più attiva. O quantomeno, non più usata.
Non che l’entità dell’accaduto, in virtù di questo, sia meno grave: anche se la mail violata è quella che il direttore dell’Agenzia, John Brennan, ha ormai mandato “a riposo”, all’interno dell’archivio-traffico di essa – si tratta della mail personale di Brennan, non di quella istituzionale – c’è ancora della buona roba da predare per i pirati informatici.
Come il liceale filo-palestinese che da quella mail ha prelevato un elenco di altri indirizzi, e l’ha pubblicata online. Il fatto che il giovane sia riuscito ad accedere ad un indirizzo di posta al momento non più attivo potrebbe far pensare che sia un hacker alle prime armi; ma è anche vero che non è possibile negare in modo assoluto, sulla base dei dati che si hanno allo stato attuale, un’eventuale consequenzialità tra l’attacco hacker e il cambio di mail da parte di Brennan.
Si può supporre anche che il ragazzo sia un “battitore libero”, svincolato da gruppi o organizzazioni: lo proverebbe il fatto che, da attivista-terrorista incline all’autocelebrazione, per mettere in evidenza la propria firma sul “colpo” non abbia esitato a confessare quanto aveva fatto ad un giornale, il New York Post, che poi ha riportato l’accaduto all’inizio della settimana. Neppure i grandi vanesi del Cybercaliffato si spingono a tanto, preferendo semmai trincerarsi dietro il loro potente marchio di fabbrica.