Non solo marò.
Venerdì 28 agosto un altro italiano, per poco tempo a dir la verità, è stato costretto a temere la giustizia di un Paese straniero, in un altro angolo di mondo. Parliamo di Vittorio Fera, trentunenne attivista dell’Ism, Movimento nazionale di solidarietà, arrestato da soldati israeliani durante scontri nel villaggio cisgiordano di Nabi Saleh (governatorato di Ramallah), come confermato dal Consolato generale italiano a Gerusalemme. Scontri in cui, non sarebbe neanche necessario precisarlo, il nostro non ha alcuna parte.
Fera di nome, ma non certo di fatto. Secondo quanto risulta allo stesso Movimento, il giovane uomo sarebbe stato avvicinato e catturato dai militari ebraici mentre “con un pacifico gruppo di dimostranti internazionali stava documentando l’attacco a un ragazzino palestinese da parte di soldati con la stella di David”. Sembrano prive di fondamento le accuse israeliane riportate da alcuni siti, per esempio quello di Panorama, secondo cui Fera avrebbe lanciato dei sassi all'indirizzo dei soldati.
Dunque a Fera sarebbe costata cara la sua vocazione da reporter in difesa degli oppressi arabi palestinesi. Ma una cosa è certa: il filmato-denuncia non se l’è andato a cercare. Gli è capitato, come si suol dire, tra le mani, proprio mentre la sua fotocamera era puntata su tutt’altro obiettivo: la cronaca filmata di una protesta degli abitanti della località nella parte centrale della West Bank contro la costruzione di un nuovo insediamento israeliano.
Nella mattinata di oggi Fera è comparso da davanti al giudice, a Gerusalemme. Poco dopo mezzogiorno (ora italiana), la Farnesina ha fatto sapere che l’attivista è stato rilasciato su cauzione. Fosse stato così semplice anche per Girone e Latorre.