Una rimpatriata?
Se così si può definire, è stata una rimpatriata per riequilibrare la storia. Cinquantaquattro anni dopo, James “Jim” Tracy, Mike East e Larry Morris, tre marines ormai ultrapensionati, hanno rimesso piede sul “luogo del misfatto”, all’Avana, per una bandiera. Quella a stelle e strisce dell’ambasciata del loro Paese, che avevano ammainato il 4 gennaio del 1961 e che hanno nuovamente esposto al vento cubano, il 14 agosto scorso.
Barack Obama, che è uno che ai simboli ci tiene, per la storica occasione (la cerimonia di riapertura dell’ambasciata americana a Cuba, di fatto rientrata “in funzione” dal 20 luglio) ha pensato bene di mandare nell’isola castrista, insieme al segretario di Stato John Kerry, esattamente… i tre marines originali.
Oggi il terzetto dei “ragazzi terribili” ha abbondantemente superato la settantina: l’allora sergente Tracy, e gli allora caporali Morris ed East, quest’ultimo il nero del gruppo. Ma tornare all’Avana per loro è stato come fare un bagno di giovinezza. E, non senza nostalgia, i tre protagonisti di ieri e di oggi ricordano che, nonostante il regime di Castro fosse stato instaurato già da alcuni anni (più precisamente dal 1959), al momento del congedo L’Avana era ancora godibilissima per gli americani, che erano molto amati dalla popolazione. “La gente non voleva vederci andare via”, ricorda Tracy. Che ha ancora impressi nella memoria i volti di coloro che gli chiedevano “Non ci lasciare, qui abbiamo bisogno di te”.
In effetti se l’isola, dall’oggi al domani, non fosse divenuta un avamposto atlantico del grande nemico comunista, sarebbe rimasta la destinazione da sogno di cui parlano ancora con incantata estasi i tre “giovanotti”, il luogo in cui, grazie al clima, alla vita notturna effervescente e alle bellezze femminili, qualsiasi operazione svolta per il patrio esercito non pesava, ma anzi era sempre una sorta di viaggio-premio.