Dimenticatevi il Vesuvio, dimenticatevi l’Etna, magari anche il Santorini, il Fuji e il Krakatoa.
L’allarme maximo arriva direttamente dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa: è stato di emergenza. All’improvviso, infatti, il vulcano Cotopaxi si è risvegliato. Dopo un sonno centenario. Con spettacolari (e terribili) esplosioni di cenere e lapilli, e serpentoni di fumo alti anche cinque chilometri. E minaccia direttamente la capitale Quito, da cui la rabbiosa montagna alta 5897 metri dista solo 45-50 chilometri.
Intanto alcuni villaggi nei dintorni della metropoli, come Mulalo e Lasso, sono già stati evacuati a titolo precauzionale: si stima che al momento sono quattrocento le persone costrette a lasciare le loro abitazioni. E potrebbero essere molte di più.
Un nome alquanto romantico per un devastatore antico, che è parte integrante del paesaggio ecuadoregno (si tratta della seconda montagna per altezza del Paese, dopo il Chimborazo): nella lingua locale, infatti, Cotopaxi significa “collo della luna”, con suggestiva allusione al fatto che il pallido astro sembra posarsi sul cono del vulcano; e quest’ultimo, a chi lo osserva, appare, appunto, come il collo dI quell'astro.
L’eruzione più disastrosa che l’ha visto protagonista è datata 1877, quando le sue colate di fango (lahars) e lava raggiunsero l’Oceano Pacifico e la parte occidentale del bacino del Rio delle Amazzoni. Dal 1904 il vulcano era praticamente inattivo.