Non è una disfatta annichilente, ma davvero poco ci manca.
Intanto, dopo gli scontri a Maiduguri con le truppe di Abuja, praticamente alle porte del mese di agosto, Boko Haram, lo Stato islamico nigeriano-camerunense, deve rinunciare, oltre a parecchi miliziani caduti valorosamente in combattimento, anche a gran parte del “bottino umano” accumulato in mesi e mesi di azioni brigantesco-terroristiche.
Il grosso degli ostaggi in mano ai jihadisti a cui "è proibita l'istruzione occidentale" (Boko Haram è una locuzione che esprime, appunto, questo concetto) è, come è noto, di sesso femminile: e in effetti delle settantuno persone liberate dai regolari dopo la vittoriosa battaglia proprio nei pressi della capitale dei fondamentalisti (oltre che del Borno), la gran parte risultano essere donne, soprattutto ragazze.
Molte di esse, raggiunte dai microfoni e dai taccuini dei media subito dopo l’offensiva-blitz dell’esercito, hanno dichiarato di essere prigioniere dei bokoharamaiani da circa un anno.
Boko Haram, in un certo senso, si inserisce in una “tradizione” consolidata. Da queste parti, infatti, storicamente l’islamismo radicale è, se possibile, ancora più misogino che nel resto del mondo musulmano. I sanguinosissimi scontri di Kaduna del 2002, che provocarono oltre duecentocinquanta vittime, si inserivano, sì, nel quadro più generale dell’intolleranza islamica nei confronti della popolazione cristiana, ma vennero innescati dalla selezione per il concorso di Miss Mondo che era in programma proprio in quella città.